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La scomparsa di un mondo
Una lettura molto bella e scorrevole, quella offerta da “La Cripta dei Cappuccini” di Joseph Roth (1894-1939), autore nato nella periferia dell’impero asburgico, lo stesso impero di cui egli si rivela un grande cantore.
Scritto e pubblicato nel 1938, il romanzo narra la rovinosa vicenda di Francesco Ferdinando, appartenente alla famiglia Trotta di recente nobiltà. Fa da sfondo la Vienna dell’ultimissimo periodo della Belle Époque, poco prima che scoppi la grande guerra che, come noto, porterà allo sfacelo non solo dell’impero in sé, ma anche al venir meno di un’epoca e di un mondo di certezze, quelli in cui si muove inizialmente il giovane protagonista dedito a ozio e frivolezze; nella narrazione subentra la parentesi legata agli scenari bellici dei confini orientali per poi ritornare a una città spenta dove niente è più come prima e i titoli nobiliari non salvano da debiti e ipoteche.
L’idea della morte e del disastro aleggia fin dall’inizio in queste pagine caratterizzate da una prosa coinvolgente e di grande piacevolezza, in cui, oltre a quello di Trotta, perfetta voce narrante, s’incontrano personaggi molto ben riusciti.
E la Cripta dei Cappuccini del titolo? Essa è il luogo che, nella capitale asburgica, accoglie le tombe imperiali, inclusa quella del vecchio Francesco Giuseppe, scomparso nel 1916 con il conflitto ancora in corso: superba metafora del tramonto di un impero e di una società di cui, come ben esprime la conclusione del libro, resta infine un grande vuoto e un’indicibile nostalgia per chi vi ha vissuto.
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Nell'ultima parte ci sono 'pagine da antologia' .