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Per non dimenticare
Questo è uno di quei libri da “leggere almeno una volta nella vita”, di quelli che si definiscono assolutamente necessari per non dimenticare gli orrori della guerra. Un libro come questo non deve essere giudicato dallo stile, nella costruzione della narrazione, nell’attenzione rivolta ai personaggi, perché è sufficiente il contenuto e l’ambientazione per esprimere la massima valutazione possibile. Remarque scrive una storia dal sapore fortemente autobiografico, che rappresenta una spietata cronaca della Grande Guerra, “conflitto di posizione” per eccellenza, vissuto dentro le trincee. Una guerra capace di annientare milioni di ragazzi, come del resto già si intuisce dall’incipit, che esprime il concetto di “tentativo di raffigurare una generazione la quale – anche se sfuggì alle granate- venne distrutta dalla guerra”.
I giovani tedeschi mandati al fronte, spesso sobillati e indottrinati dalla precedente generazione pregna di un forte nazionalismo, si identificano in una gioventù senza futuro, senza speranza, come carne da macello che combatte una guerra voluta da altri (“Io vedo dei popoli spinti l’uno contro l’altro, e che senza una parola, inconsciamente, stupidamente, in una incolpevole obbedienza si uccidono a vicenda...Che faranno i nostri padri, quando un giorno sorgeremo e andremo davanti a loro a chiedere conto?”).
Attraverso la narrazione diretta del protagonista, si assiste alla spietato ed insensato svolgimento della guerra, alle sue innumerevoli sfaccettature: i continui combattimenti con il rischio di venire colpiti da proiettili, colpi d’artiglieria, schegge, i compagni feriti, mutilati o caduti in battaglia, le sofferenze dentro gli ospedali da campo, lo spirito di solidarietà e cameratismo che inevitabilmente si costruisce tra soldati nei brevi momenti di riposo e pausa. Su tutto questo aleggia legittimamente una domanda:
“Quanto appare assurdo tutto ciò che è stato scritto, fatto, pensato in ogni tempo, se una cosa del genere è ancora possibile! Deve essere tutto falso e inconsistente, se migliaia d’anni di civiltà non sono nemmeno riusciti a impedire che scorressero questi fiumi di sangue”.
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