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Ci vediamo per un caffè
 
Ci vediamo per un caffè 2023-03-05 15:16:03 cesare giardini
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    05 Marzo, 2023
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Uno speciale caffè per tornare al passato.

“Ci vediamo per un caffè” è il quarto romanzo di una saga di Toshikazu Kawaguchi, scrittore e sceneggiatore giapponese, ambientato, come gli altri, in una caffetteria singolare, con gli stessi personaggi: è un luogo leggendario, dove accadono cose strane e dove addirittura si può tornare al passato. Ci sono però alcune regole: le più importanti sono che, qualsiasi cosa succeda nel passato, non si può cambiare il presente e che il viaggio a ritroso dura finché un particolare caffè servito al tavolino rimane caldo. Ma le stranezze non sono solo queste: bisogna sedersi su una particolare sedia appena questa si libera, essendo costantemente occupata da una figura femminile biancovestita (un fantasma?) che sfoglia un libro. Queste le premesse alle quattro storie narrate: nonostante le regole siano ”estremamente irritanti”, come le definisce l’autore, ci sono persone che decidono di visitare la caffetteria per rivivere il loro passato e porre rimedio a comportamenti che hanno segnato profondamente la loro vita.
Le storie sono esemplari e commoventi: la vicenda di un marito, sempre occupato dal lavoro e da continui viaggi, che trascura la moglie, in coma vegetativo a seguito di un incidente, la padrona di un cane che non riesce ad essere presente alla morte del suo adorato animale, la ragazza che non sa decidersi di fronte ad una proposta di matrimonio, la figlia che non sa corrispondere all’affetto del padre.
Sono trattate tematiche universali, affetti non corrisposti, rimpianti per ciò che poteva essere e non è stato. Si riscoprono affetti perduti, ci si riconcilia con persone che ormai non ci sono più, si tenta di giustificare un percorso di vita sbagliato anche se, purtroppo, il presente non può essere mutato. A volte basta una sola frase, come quella del quarto episodio, quando Michico, la figlia ribelle, sta per esaurire il tempo concessole nel passato e, asciugandosi le lacrime, riesce finalmente a sussurrare al padre che sta per lasciarla “… sono felice di essere tua figlia”.
Ritornando al passato, si fanno i conti con la propria coscienza e gli affetti perduti: è una sorta di miracolo che non cambia il presente ma che permette di ripercorrere la propria vita e rimediare a lacerazioni apparentemente insanabili ed a tormenti ai quali si vuole a tutti i costi porre fine.
Tutti avrebbero potuto agire diversamente, ma hanno avuto il coraggio di ritornare al passato e di rievocare l’accaduto sotto altri aspetti per poter vivere il presente serenamente e senza rimorsi: imparare dai propri errori è ciò che conta veramente, sembra ammonirci l’autore. La caffetteria serve a questo: l’idea è originale ed ha rappresentato un fenomeno editoriale di grande successo, sia in Giappone che all’estero, soprattutto in Italia. In fin dei conti possono essere considerate favole per adulti, che accarezzano l’anima e stimolano buoni sentimenti. Gli episodi raccontati sono esemplari e toccano comportamenti della vita di tutti i giorni: sembrano scelti dall’autore con cura, a rappresentare esempi di vita comuni e abbastanza frequenti, vicende che accadono e fanno riflettere, costringendo a rimpianti quando ormai il tempo è scaduto e non è più possibile porre rimedi. La caffetteria speciale è, purtroppo, solo una originale e fantastica invenzione letteraria, che aiuta però ad immaginare un futuro più sereno.
Lo stile è semplice, scorrevole come quello di una bella fiaba: non traspaiono intenti educativi, ma solo il desiderio di stimolare curiosità e riflessioni. Predominante il ricorso al colloquio, abbastanza frequente l’utilizzo di suoni onomatopeici. Allo stile non mi sento di dare un voto superiore a 3, al contenuto invece 5, se non altro per la trovata geniale, mentre assegno 4 alla piacevolezza, anche se nuoce un po’ la ripetitività degli argomenti.
Buona lettura!




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