Dettagli Recensione
Storie di ordinaria umanità
“Vicolo del mortaio” è un romanzo scritto nel 1947 dal premio Nobel egiziano Nagib Mahfuz. Vi si raccontano storie di ordinaria umanità di alcuni abitanti di una stradicciola de Il Cairo: molti di questi personaggi devono fare i conti con la povertà, la malattia, con il bisogno di riscatto, con il desiderio di soddisfare i loro impulsi e le loro aspirazioni e progetti. Insomma, devono fare i conti con la banale e al tempo stesso imprevedibile e capricciosa esistenza.
«Il tramonto si annunciava e il Vicolo del Mortaio andava coprendosi di un velo bruno, reso ancora più cupo dalle ombre dei muri che lo cingevano da tre lati. Si apriva sulla Sanadiqiyya e poi saliva, in modo irregolare: una bottega,un caffè, un forno. Di fronte ancora una bottega, un bazar e subito la sua breve gloria terminava contro due case a ridosso, entrambe di tre piani.»
Leggendo queste pagine non ho potuto non pensare ad un altro Autore che ha descritto con ironia e delicatezza questa smania che abbiamo noi esseri umani di trascinarci oltre la squallida sopravvivenza cercando l’amore e la felicità e sfidando, a volte con coraggio, a volte con incoscienza e scarsa consapevolezza, i capricci della fortuna e la nostra sorte. In effetti si tratta di un Autore particolarmente lontano nel tempo e nello spazio dall’arabo Mahfuz ma che, almeno in questo scritto, lo richiama davvero molto: Boccaccio. Sì, gli abitanti del Vicolo del Mortaio mi hanno ricordato i personaggi delle novelle del Decameron. In comune gli uni e gli altri hanno il desiderio di vivere una vita felice e appagante che molto spesso però viene frustrato dalla realtà di un mondo ingiusto, iniquo, disonesto e scorretto che si manifesta con il volto capriccioso di un destino che elargisce o toglie doni o soddisfazioni a caso. E noi poveri esseri umani rimaniamo lì, incapaci di comprendere davvero; confortati ora dall’ironia ora dalla speranza che ci sia un Essere Superiore che ci protegge.
“Vicolo del Mortaio” è un romanzo effervescente, fresco e piacevole nella sua prosa quasi cinematografica, che ci porta sì in un angolo de Il Cairo durante la seconda guerra mondiale ma ci accompagna anche, come una buona opera letteraria dovrebbe fare, all’interno di storie di ordinaria e anche straordinaria, umanità.
«Nelle prime ore della giornata l’aria nel vicolo ombroso era umida e fredda. Il sole vi penetrava solo quando giungeva allo zenit, superando lo sbarramento delle case. Eppure fin dal primo mattino ogni angolo si animava. Cominciava Songor, il ragazzo del caffè, a sistemare le sedie e ad accendere il fuoco. Poi arrivavano gli impiegati del bazar, a due a due o alla spicciolata, quindi appariva Gaada che portava l’asse con la pasta di pane.»
Indicazioni utili
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Vedo che hai molto apprezzato questo libro. L'ho letto parecchi anni fa ; non è molto nelle mie corde, ma sicuramente è un'opera notevole.