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Il dramma della sopravvivenza alla Shoah
Singer ha indubbiamente meritato il riconoscimento del Nobel per la letteratura nel 1978 perché i suoi romanzi contengono un valore aggiunto notevole, rappresentano una finestra aperta sul mondo ebraico. “Nemici”, così come i suoi tanti altri scritti, porta dentro di sé il vissuto, le tradizioni del popolo ebraico emigrato negli Stati Uniti a seguito del Secondo Conflitto Mondiale e svela al lettore le tragedie dei sopravvissuti alla Shoah. Il protagonista del libro, Herman, è l’emblema del profugo scampato allo sterminio nazista che salva la pelle perché nascosto in un fienile, ma che non riesce a superare l’incubo dei rastrellamenti tedeschi nemmeno una volta giunto a New York (“In piedi davanti allo specchio, cominciò a fantasticare. I nazisti erano tornati al potere e avevano occupato New York”). Herman porta con sé una stanchezza atavica “Non era una vittima di Hitler, era già una vittima ben prima di Hitler”. Attraverso la sua figura Singer fa emergere la questione di un popolo ebraico sfiduciato e pessimista perché la fede non può essere d'aiuto visto che Dio ha permesso tutto questo (“Il vero Dio ci odia, ma noi ci siamo sognati un idolo che ci ama e ha fatto di noi il Suo popolo eletto”). Herman è il manifesto di quegli ebrei profughi senza speranza che non credono più nella Torah, che sostengono che “Non esiste un Dio, mi capisci? E se anche esistesse Lo sfiderei” definendolo addirittura “sadico Onnipotente”. Al tempo stesso Herman ha completamente perso la speranza verso il genere umano, perché se da una parte i nazisti hanno ucciso un popolo, dall’altra parte i comunisti di Stalin non sono stati da meno con i loro campi di lavoro in cui molti ebrei in fuga dalla barbarie tedesca sono comunque finiti per anni.
Il colpo di genio di Singer sta tuttavia nella scelta fatta di parlare di un dramma universale come questo ma con levità, attraverso il filone della commedia, perché le questioni esistenziali si intrecciano con il tragicomico dramma personale di un uomo, Herman, che un po’ per colpa del destino ed un po’ per negligenza personale, si trova sposato a ben tre donne! ("Lui intanto rifletteva su come fosse fantastico essere in America, in un paese libero, senza la paura dei nazisti, della polizia segreta russa...Però non riusciva a dimenticare che in una strada tra Mermaid e Neptune Avenue Jadwiga lo stava aspettando. Nell'appartamento di reb Abraham Nissen sulla East Broadway c'era Tamara...Quelle donne avevano diritti legittimi su di lui").
Inizia così per Herman un “viaggio” fatto di continui spostamenti tra New York ed altre località, condito da bugie, sotterfugi, al fine di riuscire a sopravvivere a questa paradossale situazione, cercando di camminare sul filo del rasoio per accontentare le sue donne: l’ex moglie sfuggita alle persecuzioni tedesche e russe, la contadina polacca che lo aveva salvato nascondendolo nel fienile ed una terza donna, forse l’unica veramente amata, anch’essa sfuggita ai rastrellamenti in Europa. Herman viene dipinto da Singer come una sorta di macchietta non solo in fuga perenne ed alla ricerca di soluzioni ed equilibri impossibili, ma anche e soprattutto come un uomo che riflette sul proprio destino e su quello dell’umanità, giungendo alla conclusione che forse l’unica soluzione realmente fattibile in quel momento storico era quella da lui adottata, in cui “L’intera sua vita era un inganno, un atto di astuzia”. La figura del protagonista può far dunque sorridere nella sua debolezza caratteriale e nella sua ignavia ma viene adeguatamente riequilibrata dal “contrappeso” delle tre mogli, figure femminili forti, carismatiche, magari anche senza scrupoli in alcuni casi ma comunque capaci di reagire alla tragedia ebraica da cui sono state investite e soprattutto capaci, a modo loro, di togliere le castagne dal fuoco a Herman, di fargli da guida. Delle tre, Tamara, la prima moglie di Herman fin dai tempi in cui i nazisti non erano ancora arrivati, sembra sintetizzare lo spirito di sopravvivenza alla tragedia, la parola chiave attorno alla quale ruota la speranza ad andare avanti: “Il fatto è che per quanto soffrissimo, per quanto non sapessimo mai se saremmo sopravvissuti un altro giorno o addirittura un’altra ora, avevamo bisogno d’amore. Lo bramavamo ancor più di quanto non lo avessimo desiderato in tempi normali”.
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Condivido quanto dici del "genio" di questo autore, per cui anche quando è assai drammatico non è mai pesante.