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Dall'infinitamente grande all'infinitamente piccol
Opera immensa tanto per il contenuto quanto per la mole per un libro che già nel titolo, criptico, richiama elementi di fisica considerato che il solenoide è una sorta di pila, di bobina che produce un campo elettromagnetico. Sullo sfondo di una Bucarest decadente e fatiscente durante il periodo della dittatura di Ceausescu (“Città sinistra, enorme, disabitata. Necropoli che lorda la superficie della terra con i suoi bloc operai, già in rovina dal momento della progettazione”), che presenta nel sottosuolo ben sei di questi solenoidi (uno dei quali collocato proprio sotto la casa del protagonista) viene raccontata una storia dalle tinte surreali, in cui diventa impossibile distinguere la linea di demarcazione tra realtà, sogno e finzione. Per Cartarescu infatti “ Tutto è stato reale, tutto è avvenuto nel piano dell’esistenza in cui mangiamo e beviamo...Reale è anche il sogno, reali sono anche i primi ricordi, reale è anche la finzione”.
Partendo da questi presupposti, l’autore si affida al meccanismo delle “sliding doors” ed immagina un “universo parallelo” in cui, a differenza di quanto avvenuto per lui, il protagonista assume le vesti di poeta mancato, senza successo, frustrato e depresso, che ripiega sulla carriera di insegnante di rumeno presso una scuola specchio della fatiscenza della città. Afflitto da una solitudine e tristezza perenne decide di riscattarsi raccontando in un manoscritto i suoi ricordi, la sua vita, fatta di “anomalie”, di realtà parallele che sembrano assolutamente realistiche e che convivono con la quotidianità, di mondi infestati da insetti, statue giganti, manifestanti che inveiscono contro la morte presso la sede dell’obitorio, fabbriche dismesse che sembrano contenere oggetti misteriosi. Proprio qui sta la portata rivoluzionaria del pensiero del protagonista, il “Cartarescu alternativo “che dichiara il fallimento della letteratura in quanto incapace di descrivere la realtà, perché ogni libro rappresenta un “trompe d’oeil” su finte porte che aprono su muri. L’obiettivo sarebbe invece quello di descrivere l’insieme di sogni, fantasie, deliri e follie che escono dalla nostra mente, trovare una “porta”, una via di fuga che permetta la fuoriuscita del contenuto della scatola cranica (“Dove troverò la pagina cubica in cui sia scolpita la realtà? Dov’è il libro ipercubico...solo allora, attraverso il tunnel di cubi, sarebbe possibile evadere dalla soffocante cella”).
Solenoide strizza l’occhiolino a Borges e Kafka, alla loro poetica, ma poi va oltre perché diventa un viaggio nell’infinitamente grande e nell’infinitamente piccolo, in quanto cerca la strada della “quarta dimensione”, quello spazio-tempo descritto da matematici e fisici che esiste ma non è percepibile, per poi cambiare prospettiva e concentrarsi sul mondo degli insetti, degli acari, le cui vite disperate non sono poi così diverse da quelle umane. Se la letteratura non è la soluzione per spiegare i limiti della natura umana, la sofferenza, la caducità della vita, il non senso di una quotidianità in cui siamo condannati fin dal momento della nascita, forse però ci può comunque salvare la scrittura, a patto che sia quella di un non scrittore che ha veramente qualcosa da raccontare (“Diversamente da tutti gli scrittori del mondo, proprio perché non sono uno scrittore, io sento di avere qualcosa da dire”).
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Non ho mai letto l'autore ma ho in lista alcuni suoi titoli tra cui questo.