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Essere o possedere
Al rientro da una serata a teatro, i Ransome trovano la casa completamente vuota. Sapere che nella propria abitazione si sono introdotti dei malintenzionati e già di per sé inquietante, rendersi conto che i suddetti hanno portato via beni preziosi sia dal punto di vista economico che affettivo è un qualcosa di sconvolgente, ma trovarsi senza più neanche la moquette, i chiodi che tenevano su i quadri, perfino l'arrosto che attendeva nel forno di terminare la sua cottura, è un evento a dir poco traumatico. Infatti proprio come un trauma lo vivono i due protagonisti di questo breve, brillante, a tratti spassoso, ma in fondo cinicamente amaro libro di Alan Bennett. Per entrambi il nefasto episodio segnerà un punto di non ritorno. Ritrovarsi senza gli oggetti di tutti i giorni, le abitudini consolidate, gli status symbol della loro condizione borghese, precipiterà la coppia londinese in un vuoto spaventoso, quasi fossero stati derubati della loro stessa anima, quasi la loro anima risiedesse non dentro se stessi ma negli oggetti da loro posseduti. Una chiara, spietata, triste stoccata dell'autore verso una società consumistica, materialista, per la quale avere è più importante che essere. La crepa che si verrà a creare sia nel rapporto di coppia che dentro i rispettivi spiriti non si rimarginerà più, neanche quando, dopo una serie di grottesche circostanze, i due rientreranno in possesso della refurtiva. Ma a fare la differenza sarà il diverso modo in cui reagiranno i coniugi. Mentre l'uomo, ottuso, abitudinario, arido, resterà impantanato nel legame quasi maniacale con i suoi oggetti, in particolare con il suo stereo ad alta fedeltà, diventando vittima degli eventi e delle sue stesse manie, la donna, più pratica, ricettiva, duttile, trasformerà lo sciagurato episodio in un nuovo inizio, rendendosi conto che un'altra vita è possibile, riuscendo infine a salvare se stessa.
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Un saluto, Enrico! :)