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Il volto della vita
“ Se vado via “ pare inizialmente sfuggire a uno sguardo definente, due vite lontane ( quella di Lilia Liska e quella di Roland Bouley ) che si sono intrecciate rapidamente per separarsi per sempre, sbalzi temporali, voci difformi, l’ eco di Lilia, la protagonista, una lettura che si svela con pazienza, pagina dopo pagina, quando se ne coglie l’ essenza, una ricostruzione di particolari e sentimenti che genera una versione possibile sul senso del vivere.
All’ interno di una trama poco complessa, la rilettura da parte di Lilia, un’ anziana donna ricoverata in un’ istituto geriatrico, di un libro che raccoglie i diari di Roland Bouley, scrittore canadese incontrato nel 1945, un fugace amore di gioventù da cui nacque Lucy, bella e difficile, morta suicida prematuramente, e il tentativo di ricostruirne la vita destrutturandola, ricomponendola, sintetizzandola. In parallelo la propria storia contaminata, cinquant’anni e tre matrimoni, cinque figli, diciassette nipoti, e quella relazione non matrimoniale alimentata nella memoria della figlia scomparsa.
Corrispondenze epistolari, diari, correzioni, analisi psicologiche e caratteriali, ipotesi, raffronti, nostalgia, memoria, una scultura plasmata e marchiata dalla dura personalità della protagonista, una donna cresciuta in una famiglia di coloni, avvezza al lavoro, laureata nell’ arte della vita, oratrice sopraffina, arguta e cinica, una sana egoista sensibile, segnata per sempre dalla morte inspiegabile di Lucy, dalla propria incapacità di piangerla, da un istinto protettivo e materno, trasferito alla nipote Catherine, figlia di Lucy, e alla pronipote Iola.
Chi è Roland Bouley e quanto realmente ha contato nella vita di Lilia? Di lui mancano pezzi di storia che lei ricostruisce attraverso gli anni e la rilettura dei suoi diari, centinaia di pagine da cui estrapolare notizie, accadimenti, ricostruendo una vita, pensieri e parole trasferite su un quaderno, di sicuro si parla di un eterno fanciullo che ha viaggiato molto, egocentrico, innamorato di se’ e con la paura di annoiarsi, presto orfano di madre. La su vita è passata attraverso due affetti contrastanti e poco affidabili, due donne diverse che lo hanno accompagnato insieme alle proprie manchevolezze, prendendolo per quello che era ( Sidelle e Hetty), molte storie fugaci, Roland ha citato Lilia solo cinque volte nelle proprie memorie ( chiamandola L ), ignorando di avere avuto una figlia da lei.
Egli avrebbe voluto diventare uno scrittore famoso, è sempre stato molto teatrale, misurava il mondo in base a quello che il mondo faceva per lui, impiegato in lavori nei quali non si è mai riconosciuto abbastanza ( fumettista, autore di testi di propaganda, negoziatore per la pace nel mondo, compratore e venditore di libri ), accompagnato da un certo idealismo e da una fragilità emotivo-sentimentale con origini immature.
Lilia ne parla amabilmente e schiettamente, anche con un certo distacco, lo conosce e lo ricorda, ne approfondisce alcuni tratti, si specchia nelle sue relazioni, ipotizza amicizie e incompatibilità con le donne da lui frequentate e forse amate, a legarli per sempre è il ricordo vivido della figlia Lucy, che ne possedeva i tratti caratteriali ma non il salvifico egocentrismo, nel frattempo lei stessa ha attraversato una guerra, tre matrimoni, figli, nipoti, pronipoti.
Lilia e’ una donna poco sentimentale e dalla lingua tagliente, distante e impaziente, piena di segreti, con una certa compostezza, ha poco da lasciare in eredità a figli e nipoti, se non il proprio quaderno, non vuole trasmettere la storia della sua vita, segue le ragioni del cuore di cui non ha mai divulgato il contenuto, possiede una duplice voce, esteriore e interiore, da usare nel mondo e con gli affetti più cari.
Era incinta di Roland, la sua scelta cadde su Gilbert, un poveretto a cui non importava di essere un rimpiazzo.
Alla fine a contare è la propria essenza più vera, siamo quello che non dimentichiamo, la memoria di se’ svanirà dopo la morte, il matrimonio può rivelarsi un’ onta o un tranquillo e noioso ménage, si vive un’ epoca di finzione e di emozioni effimere, ma chi siamo realmente per noi e per gli altri?
Non restano che pochi affetti duraturi, parole dette e non dette, silenzi, ipotesi, trame nascoste, l’ essere se stessi, padroni del proprio destino, e Lilia è stata una buona madre, una buona moglie, una buona nonna. dura come la vita più dura, non ha abusato delle proprie forze, non ha creduto di essere quello che non è, ma questo non è stato sufficiente per salvare Lucy.
Leggere i diari di Roland le ha permesso di prenderlo per quello che era realmente, di comprendere alcuni tratti di Lucy, ma….
…”le persone felici non sanno che farsene delle parole e ora che ho iniziato a scrivere sono diventata una noia” …
Un romanzo denso e riccamente vestito, da assaporare lentamente, appropriandosi delle innumerevoli voci connesse e del continuo rimuginio e rimescolio di situazioni e di sensazioni difformi. Non si parla di una o di più vite, ma del volto della vita nella propria frammentaria identità e complessità, nei misteri irrisolti, nei dolori inspiegabili, nel cambiamento dell’ esperire, nella forza di un’ assenza protratta. Il giudizio complessivo, condito da una prosa essenziale ed elegante, non può che essere lusinghiero, una lettura consigliata a chi osa affrontare le tortuose vie del profondo…