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Solo in una città straniera
Lev Glebovic vive a Berlino in una pensione abitata da altri esuli russi, frequenta Ljudmila, una giovane donna che non ama e si tormenta alla ricerca di un modo per lasciarla. La pensione è attraversata e ferita intimamente dal continuo passaggio dei treni. La città è straniera, lui un'ombra come i suoi coinquilini, fra di essi uno solo proteso al futuro, Aleksej Ivanovic Alferov:è in trepida attesa dell'arrivo della moglie Masen'ka. I giorni della settimana sono scanditi e tesi verso il sabato, giorno nel quale la donna, dopo quattro anni, arriverà dal marito.
Ganin, ovvero Lev Glebovic, riesce nel frattempo a chiudere con Ljudmila per aprirsi totalmente alla dimensione del ricordo: anche lui ha amato una Masen'ka… il ricordo sta pericolosamente collimando con la realtà in un inatteso coincidere di protagonisti.
Le immagini del passato russo, piene di betulle e spensieratezza, sono per lui una vita parallela necessaria per sopportare il nuovo film urbano, da esule, nel quale vive imprigionato. La Russia settentrionale e le sue stagioni sono evocate con una maestria descrittiva che trasuda poesia. È il tempo dell'amore, nell'estate russa, in lontananza, sullo sfondo una guerra, percepita come aliena. Poi la rivoluzione e la separazione: bellissime pagine dedicate al primo amore, struggenti, ricche di vita, delicate. Infine il congedo, maturo e straziante dal passato, alla ricerca di un treno per un'altra tappa da esule. C'è tutta la maestria di Nabokov in questo suo esordio letterario. Consigliato a chi ama la vita trapuntata di ricordi e ammantata di squarci paesaggistici che normalmente le fanno da sfondo rendendo il ricordo indelebile.
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