Dettagli Recensione
Pensatori ossessivi
Quattro personaggi “ipercaratterizzati”, due diverse generazioni, quattro storie che si intrecciano in un contesto che, almeno per una volta, sia ringraziato il cielo, non è quello famigliare, tanto caro a Franzen, bensì quello lavorativo. Pip, la ragazza, la figura centrale è la giovane – non giovanissima alle prime – non primissime esperienze che si porta dietro un bagaglio di dubbi, paure, frustrazione, rancore e speranze da far rabbrividire un’intera generazione di suoi coetanei; poi abbiamo l’enigmatico Andreas Wolf, l'irraggiungibile (e forse è un bene) “sciupafemmine” con un passato da Cortina di Ferro che sarebbe meglio non conoscere; e gli altri due: i redattori/giornalisti per cui lavora la ragazza, classica coppia più scoppiata che scoppiettante che rimane unita grazie allo spago dell’abitudine, della mutua necessità e di una passione ormai freddata dal preponderante individualismo a cui ti costringe la società moderna, specie se vivi e lavori in un certo tipo d’ambiente. Pip entra nelle loro vite, gli altri entrano nella vita di Pip e il gioco è fatto. Il romanzo è servito.
Ora se questa può apparire una banalizzazione di una trama sui generis ascrivibile ad una gran quantità di romanzi, be… il problema è che è proprio così. Non si fraintenda, non è che in Purity manchino spunti interessanti o prospettive (storiche e non) affascinanti, si veda per esempio tutta la parte dedicata allo sciupafemmine della Berlino est il cui lirismo caratteriale a tratti ha dei romantici rimandi a Charles Manson, ma il resto, ahimè, ahinoi, tutto già visto, già letto, già sentito: la vicenda del singolo che si fa archetipo dell’immagine di una società corrotta e corruttrice, il problema individuale che diventa universale ecc. ecc. Si ok ambienti nuovi, personaggi nuovi, problemi nuovi, purtroppo però, caro Franzen, variando l’ordine degli addendi il risultato non cambia.
Il “Nostro”, checché Lui detesti questo cliché, è un “character writer”, uno scrittore di personaggi, parte da loro per creare la storia, se però lui stesso, mal ispirato, non crede troppo nei suoi personaggi, la storia diventa scialba, le sue considerazioni sulla vita ecc. ridondanti, e così via.
È evidente insomma come in Purity l’autore si senta quasi in obbligo di dover dire, e dare, qualcosa, creare quel senso di trascendentale e universale dal quotidiano vivere che ci si aspetta leggendo questo genere di narrativa realista, ma senza la “giusta causa”, senza quella sentita spinta morale che obbliga lo scrittore a scrivere, soffrire e lamentarsi, ciò che si crea viene pervaso da un che di artificioso e distaccato, sopportabile grazie soltanto a qualche interessante prospettiva storica e svolazzo letterario.
Il “GRANDE ROMANZO AMERICANO”, visto che di Franzen si dice sia sempre in procinto di scriverlo, potrebbe esser definito SOPPORTABILE?
No.
Ahinoi qui sembra si faccia addirittura un passo indietro rispetto ad altre sue opere, lontani infatti sono i tempi de Le Correzioni, in cui si percepiva l’autenticità della rabbia, del disgusto e della disillusione covata a quei tempi dall’autore per vicende personali e non, allora l’unica cosa che si poteva rimproverargli era l’eccessivo autocompiacimento circa il suo intellettualismo. Quest’ultimo neppure in Purity manca, per carità, non sia mai, anzi ormai viene il sospetto sia un tratto distintivo della sua scrittura e del suo carattere, ma tanta è ancora la strada che il Nostro Autore deve fare per render credibili delle cause di cui, Lui stesso a tratti, dall’alto della sua prosopopea, sembra disinteressarsi.
Dov’è l’autenticità narrativa, l’onestà osservativa, in tutto questo caotico cerebralismo macchinoso? Sì c’è, forse a ben guardare da qualche parte la si trova ma che fatica! E il plot, la trama, che sgrossata e ben levigata sarebbe anche interessante, per carità regge, ma più che leggerla la si affronta armati di virtuosa pazienza fin troppo consapevoli che si tratta sempre di un pretesto per raccontarci la mente dei suoi personaggi, per parlarci in fin dei conti di sé. E dunque, di nuovo, che fatica!
Forse prima di imbarcarsi in avventure che non sente sue Franzen dovrebbe andarsi a leggere qualcuna delle opere minori del suo tanto odiato Philip Roth, poiché vero che anche il compianto autore in suddette opere non sempre brillava per autenticità, non sempre faceva sue le cause di cui raccontava, ma la qualità della prosa, la forza espressiva e il ritmo narrativo sopperivano abbondantemente alle inevitabili lacune.
E’ bene ripeterlo comunque, Purity non è un libro da gettare via, al contrario va letto con ardimento e coraggio, poiché se non ci si fa sconfiggere dalle parole, i pensieri e l’ossessivo ragionare si colgono quelle che sono le priorità della vita dei protagonisti e di riflesso si riflette sulle proprie, quindi a suo modo anche questo, come ogni buon romanzo è catartico, ma per l’ultima volta… che fatica!
Franzen è un autore brillante e una persona estremamente colta, raffinata e intelligente, ma se da libero sfogo a queste sue qualità rischia di perdersi in se stesso creando un immagine complessiva della sua opera sterile, difficile da cogliere nella sua totalità e addirittura controproducente; è significativo come uno dei personaggi degli ultimi capitoli (il padre str… della compagna str… di uno dei protagonisti) che nell’ “ottica Franzeniana” dovrebbe risultare il più odioso di tutti, poiché intriso di quei dogmi sistemici contro cui Lui e tutti i suoi “attori” combattono, a livello di pancia al lettore risulti invece il più simpatico, genuino e, Dio sia lodato, semplice.
Johnathan, sei bravo, sei intelligente e scrivi bene, ma davvero (davvero!), non impegnarti troppo. Tra un paragrafo e l’altro, ogni tanto, spegni quel meraviglioso cervello che hai e ridi, piangi, arrabbiati, innamorati, lamentati, fatti schifo e sentiti felice, scrivi di pancia, scrivi coi piedi, scrivi a naso, insomma sii spontaneo.
Un’ ultima parentesi, che non vuole essere l’ennesima critica nei confronti di un autore (che in realtà stimo al pari di quanto odio) di alcune (altre) grandi opere, bensì una curiosa osservazione:
è, per mancanza di un termine migliore, addirittura POETICO, ma solo come può esserlo la giustizia o il contrappasso dantesco, il modo in cui un autore dal fine intelletto, la sagacia e l’intima iperconsapevolezza per le relazioni umane, ignori totalmente che il 90% della popolazione non condivida la sua passione per il birdwatching e continui dunque ad affliggere i lettori dei resoconti dei suoi mirabolanti avvistamenti di variopinti volatili. E’ assolutamente poetico come abbia l’acutezza di analizzare cosa pensa una ragazza trentenne, neurone per neurone, ogni istante di una lite d’amor non corrisposto, e poi non si renda conto che, chiunque non provi diletto naturalistico ad osservare pennuti e piumati di varia foggia e fattura, leggerne la descrizione, ancor più che rimanere per ore ad attenderne la comparsa, sia quanto mai esasperante.
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Ah mannaggia, non dirmi così, ce l’ho li sullo scaffale che mi attende Crossroads, speravo che si riprendesse e che Purity fosse solo un passo falso di Franzen
Sicuramente però questi 'difetti' per altri non costituiscono affatto limiti, anzi amano essere guidati dall'autore in modo didascalico.
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Vedo che non ne sei stato affatto soddisfatto di questo libro. Io sto leggendo "Crossroads" e devo dire che la prolissità dell'autore sta producendo su di me un bel po' di noia.