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Lo squalificato
 
Lo squalificato 2022-09-24 08:53:29 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    24 Settembre, 2022
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Era un angelo

In questo libro dal carattere fortemente autobiografico, Dazai rende il lettore partecipe di un malessere interiore dal detonante impatto emotivo. Attraverso il suo alter ego Yozo, Osamu racconta, in fantomatiche pagine di diario, lo strazio di un'esistenza vissuta ai margini di una società a cui non ha mai sentito di appartenere, in cui si è mosso da sempre ostentando un cinismo, un sarcasmo, una noncuranza che gli sono serviti da maschera, un mezzo artificioso per nascondere una fragilità, una sensibilità, un senso di disagio per i quali prova vergogna, al punto da arrivare a squalificarsi, a estromettersi volontariamente, ad autoescludersi da quella che, per i più, appare come la normalità, fino ad arrivare a compiere gesti estremi, fino a spingersi verso una direzione di non ritorno. I pensieri, gli episodi, i sentimenti del protagonista, appaiono a chiunque abbia voglia di informarsi sulla vita dell'autore, nient'altro che palesi proiezioni dello smarrimento che ha accompagnato Dazai per tutta la sua breve e inquieta esistenza, culminata a trentanove anni con un infausto suicidio realizzato con una modalità, guarda caso, raccontata con tragica prescienza nel libro in questione, seppur con esiti diversi. Ad accrescere il forte senso di empatia che scaturisce dalle pagine, ci pensa una prosa fine, delicata, intima, autoironica, in una confessione straziante senza mai sfociare nell'autocommiserazione, dura senza mai rinunciare ad una malinconica dolcezza, beffarda ma mai ridicola. Yozo, come Osamu, sa bene di non essere l'unico al mondo a soffrire, tuttavia è lucidamente capace di dimostrare le differenze che lo distinguono dal resto della sua stessa specie. Le sofferenze degli altri sono poca cosa, sono ben facili da sopportare, altrimenti non riuscirebbero a proseguire le loro vite dimostrando interesse per le piccole cose di ogni giorno, impegnandosi in questa insensata lotta per l'esistenza, invece di cadere nello sconforto, impazzire, uccidersi. Lui, invece, davanti alla vita, davanti agli altri esseri umani, è sempre sprofondato nel terrore, del tutto privo di fiducia in se stesso, costantemente impegnato a tenersi dentro le sue angosce solitarie, la malinconia, l'agitazione che lo tormentavano, evitando di farle trapelare all'esterno, mascherandole fingendo ottimismo, ingenuità, innocenza, recitando costantemente la parte dell'eccentrico. Da piccolo, in quel lasso di tempo relativo all'infanzia narrato nel primo taccuino, Yozo affronta l'esistenza con il piglio del pagliaccio, del buffone, convinto che tutto andrà bene finché riuscirà a far ridere gli altri, badando bene di divertirli senza però risultare molesto ai loro occhi, in modo da apparire solo come un piacevole diversivo, restando estraneo alle loro vite, suscitando il minimo interesse. Cresce in una famiglia benestante, con genitori rigidi, fratelli e sorelle ligi al dovere, riuscendo nello studio senza il minimo sforzo, ma sentendosi da subito diverso, inadeguato, pieno di spaventosi tormenti interiori. Nel secondo taccuino, dedicato alla giovinezza, il protagonista racconta di come la sua fuga dal mondo lo trascina in un baratro di alcool, droghe, dissolutezza. Andato via da casa per proseguire gli studi, fa la spola tra parenti, collegi, misere camere in affitto, con scarsi risultati dovuti non alle sue capacità, ma al suo atteggiamento distaccato, ozioso, autolesionista, fino ad arrivare al punto da attentare alla sua stessa vita. Il tragico episodio fa da spartiacque alla sua esistenza, portandoci nel terzo taccuino e nell'età adulta, in cui Yozo cerca di realizzarsi rispolverando il suo talento nel disegno, non già per divenire un pittore famoso come nei suoi sogni d'infanzia, ma per sbarcare il lunario con penose vignette pubblicate su squallidi giornali. I suoi tentativi di condurre una vita normale lo portano perfino al matrimonio e alla promessa solenne di ripulirsi, abbandonare i propri vizi, uscire dal suo stato di abbrutimento. Ma come è facile presupporre, sarà veramente difficile mantenere le aspettative. "Il mondo, in definitiva, restava sempre un luogo d’orrore insondabile. Non era affatto quel luogo d’infantile semplicità dove tutto si poteva risolvere con un’unica decisione, sul posto e sul momento." Ma il ritratto che il protagonista fa di se stesso è veritiero? Veramente il modo in cui si disegna in queste struggenti pagine di diario rispecchia il suo essere? Ciò che Yozo pensa di sé coincide con il modo in cui lo vedono, lo giudicano, lo considerano gli altri? Non può essere invece che, tutto preso dai suoi tormenti, dal suo malessere interiore, non si sia accorto delle qualità, della dolcezza, di tutto ciò che di positivo riesce a trasmettere? “Fu colpa di suo padre,” disse la donna imperturbabilmente. “Lo Yozo che noi conoscemmo era così bonaccione, così divertente, e sarebbe bastato che non si fosse messo a bere per… no, anche se beveva, era un buon figliolo, era un angelo."

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Bella presentazione, Enrico.
Il libro mi interessa, avendo riletto recentemente "Il sole si spegne" che mi è molto piaciuto.
In risposta ad un precedente commento
enricocaramuscio
28 Settembre, 2022
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Grazie Emilio, spero di poter leggere presto la tua recensione su questo bellissimo libro. Intanto, appena terminata la lettura, non ho potuto fare a meno di procurarmi il testo che hai indicato e non vedo l'ora di cimentarmi nuovamente con questo autore.
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