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Stamburare e confessare
Non c’è niente di chiaro, nulla di definito nel romanzo “Il tamburo di latta”, ci sono invece le confessioni farneticanti di un trentenne in procinto di uscire dal manicomio nel quale si trova internato per una colpa non commessa: l’omicidio di un’infermiera che vive in affitto nella camera accanto alla sua. Lui ne era invaghito, come di tante altre infermiere della sua stramba vita. Ora è assistito proprio da un infermiere, Bruno, che quotidianamente lo scruta con occhio vigile, non è un secondino però, semmai una coscienza vigile che all’occorrenza può pure subentrargli nel suo atto di scrittura infinito coincidente con la sua biografia. Una risma di carta gli conceda Bruno affinché l’atto dello scrivere gli sia possibile accanto a quello del raccontare. Sì, perchè Oskar Matzerath ha tanto da raccontare ma, se non ci facciamo incantare dalla sua epica diversiva, in realtà ha tanto da confessare: tanti piccoli segreti che hanno deviato la sua vita imponendole un corso forzoso. Il principale di essi è sicuramente la caduta dalle scale ad appena tre anni, resasi necessaria come atto risolutivo di imposizione della propria volontà per determinare la fine della sua crescita. Da quel momento il piccolo Oskar sarà un nano, dotato però di una potente voce vetricida capace, quando contrariato, di urlare così forte da infrangere i vetri e tutte le superfici vitree presenti nelle vicinanze. La caduta si accompagna anche all'altro tratto distintivo del piccolo Oskar: dal giorno del suo terzo compleanno sarà sempre accompagnato da un tamburo di latta, ciclicamente sostituito, capace di esprimere con la sua cadenza ritmica l’assurdo della vita.
Scorrono con i ricordi biografici di Oskar pagine di storia ben verificabili, trent'anni racchiusi tra il 1924 e il 1954, la storia dei Casciubi, la madre di Günter Grass era casciuba, quella della città libera di Danzica, la tragica invasione della Polonia con la difesa dell’ufficio postale della città che Hitler rivendicava in seguito al trattato di Versailles e che rappresentò il suo pretesto per innescare una guerra mondiale. Il conflitto mondiale e la sua fine. E da subito si entra in una dimensione narrativa insieme epica e fantasiosa, surreale e allucinata, simile a quella che solo uno spettacolo circense può restituire, una carrellata di personaggi improbabili, dalle caratteristiche esaltate, iperboliche, eroiche insieme, capaci di gesta impensabili, mirabolanti eppure così reali. Ne consegue uno stupore perpetuo, accompagnato da un continuo e necessario livellamento dei due piani: quello della realtà narrativa ( quanto può essere credibile ciò che si sta leggendo?) e quello dell’immaginazione creativa ( spesso questa componente subentra a livello tale da impattare prepotentemente con la razionalità e richiedere così una necessaria seconda rilettura, la prima ancora nulla aveva chiarito, per accertarsi di aver ben compreso il filo narrativo). Oltre la fatica della lettura si riesce però a godere di blocchi narrativi compatti che, superati e accostati a formare un disegno complessivo, restituiscono una narrazione comprensibile, consapevoli però di aver siglato un patto narrativo che implica l’accettazione dell’assurdo e del grottesco. Potrei richiamare tantissimi episodi che nulla valgono estrapolati dalla loro cornice, basti aspettarsi di tutto, compreso un certo trascendimento nel versante erotico a simboleggiare le primitive matrici della vita e una narrazione che non manca nemmeno di pesantissima dissacrazione, a scardinare qualsiasi certezza rimettendo tutto in gioco. Una decisa voce fuori dal coro che cercava di restituire i perchè di un’epoca buia, una voce dissidente e antiborghese che nel ‘59 usò l’alter ego di Oskar per rappresentare una realtà edulcorata da tanti, riuscendo infine a svelarsi completamente nella sua scandalosa biografia “Sbucciando la cipolla” ( 2008) quando confessò dolorosamente di essersi arruolato volontario nelle Waffen-SS quando aveva quindici anni, nel solo intento di ricordare a tutti quanto fosse storica la spinta antiborghese su cui fece leva Hitler e quanto si impresse pericolosamente nella gioventù tedesca.
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