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Cancellare il passato
Pur avendolo comprato appena uscito, nel 2021, solo da poco ho affrontato e letto le oltre 700 pagine de “I rondoni” di F. Aramburu. Inconsciamente, forse, avevo timore di restare deluso dopo aver tanto amato il precedente romanzo, “Patria”. In realtà i due romanzi sono totalmente (e giustamente) diversi: per ambientazione, per la storia, per il periodo e la realtà in cui sono calati; un libro tanto corale, storico e plurale il primo quanto individualista e introspettivo il secondo. Toni è un cinquantacinquenne docente di filosofia di un liceo madrileno, deluso da sé stesso prima ancora che dalla vita; volontariamente e caparbiamente solo dopo un matrimonio fallito. Le uniche presenze che con lui condividono attimi di vita sono l’amato cane Pepa, il suo amico Bellagamba (è il soprannome che a sua insaputa gli ha dato Toni dopo che Bellagamba ha perso un piede nell’attentato terroristico di Atocha), l’unico a conoscenza del suo proposito; poi c’è Tina, la bambola gonfiabile che gli ha regalato Bellagamba, e, da un certo punto in poi, appare pressoché dal nulla una sua ex, Agueda, incontrata casualmente nel mercatino sotto casa con una teiera che Toni aveva abbandonato nel mercatino stesso. Di tanto in tanto si fa vivo anche il figlio essenzialmente per bussare a soldi. È in questo quadro che Toni decide di programmare la sua dipartita perché “…cinquant’anni mi sembrano sufficienti. Ciò che fino ad allora la vita non ti ha dato è molto improbabile che te lo dia dai cinquanta in avanti”.
Ma Toni prima vuole prendere commiato dal suo passato e da sé stesso. Pertanto il suicidio – l’unico problema filosofico davvero serio come dice l’amato Camus – “il mio limite ultimo”, viene meticolosamente programmato perché avvenga esattamente dopo 12 mesi, la sera del 31 luglio dell’anno successivo. In questi 12 mesi, da agosto 2018 in poi, (a simboleggiare il tempo che passa e l’avvicinarsi della fatidica ora, i 12 capitoli del romanzo prendono il nome dei mesi che mancano), Toni programma, con grande serenità e freddezza, senza alcun dramma, di liberarsi fisicamente e metaforicamente del suo passato. Auspicando in cuor suo che possano essere utili ad altri – tanto a lui non serviranno più – comincia ad alleggerirsi delle sue cose lasciando gli oggetti di casa e i volumi della sua notevole libreria ovunque capiti: per strada, sulle panchine, negli androni dei palazzi, o gettandoli da qualche ponte cercando di farli cadere sui camion che passano sotto. Ma liberarsi della zavorra del suo passato è un po’ più difficile e per la prima volta decide di mettere a nudo sé stesso attraverso una sorta di diario personale in cui, alternando passato e presente, razionalizza senza infingimenti, senza ipocrisia ma con estrema lucidità e un pizzico di cinismo, la sua vita. Con una narrazione asciutta, propria di chi non ha più nulla da chiedere alla vita, con estrema sincerità, a volte con brutalità, spesso con ironia, Toni ripercorre le tappe della sua esistenza. Conosciamo così la sua famiglia di provenienza con un padre, temuto e ammirato più che amato, frustrato docente universitario di sinistra (il nonno era stato torturato durante il franchismo), manesco e alcolizzato; una madre che silente in apparenza rispetto alle violenze domestiche sputava nella minestra del marito; un fratello più piccolo, Raulito, se non odiato certamente mal sopportato; una ex moglie, Amalia, donna bellissima e “radical chic di sinistra”, commentatrice radiofonica di successo con cui ha ancora contatti per il figlio in comune; un figlio, Nicolas (Nikita), un po’ fuori di testa, oggettivamente limitato e per questo amato ma certo non stimato. Descritta così, sinteticamente, la vita di Toni sembrerebbe quasi giustificare il gesto finale che egli stesso ha programmato. In realtà questo dissacrante memoir è una rievocazione leggera del suo passato che presenta anche piccoli momenti di felicità che compensano quelli amari. È il bisogno, per Toni, “…di tirare fuori tutta la sporcizia accumulata dentro di me. Non voglio che mi ci seppelliscano, voglio essere in pace con me stesso e sentirmi pulito dentro nei miei ultimi istanti”. Nel momento in cui si appresta all’ultimo estremo atto Toni sente il bisogno di essere libero, libero dalle zavorre del passato, libero come gli amati rondoni che volano senza pause, senza tormenti esistenziali, pronti a migrare e a ritornare quando è il momento, senza altro impegno che quello di volare: eternamente liberi.
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