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4787 km separano Aida dalla sua "seconda vita"
Aida e Daniel si conoscono da nove anni e vivono insieme da quattro a Basilea, ma il loro amore è minato da un grosso problema di comunicazione: lei del suo passato e delle sue origini irachene non vuole parlarne e sentirne parlare, e ogni qualvolta i loro discorsi convergano verso quegli argomenti, le sue risposte fatte di monosillabi e di silenzi alimentano soltanto tensioni, malumori e conseguenti discussioni. Una distanza apparentemente incolmabile, che però non tiene conto dell'imminente partenza di Daniel per quattro mesi di servizio civile: è tempo per Aida che questo tempo di solitudine si trasformi in momento di rinascita, anche grazie a un diario nel quale il potere salvifico della scrittura possa annullare qualsiasi tipo di autocondanna.
La speranza, la speranza ultima, è che Aida, mai così 'solitaria come una pietra caduta dal soffitto di un teatro buio', possa rivedere finalmente la felicità 'giungere come un nibbio che compare all'improvviso nel cielo'.
Un romanzo corale di grande intensità dalla trama chiara e lineare nonostante i continui salti temporali, che mescola nostalgia, illusione, disillusione ed estremi tentativi di trovare un compromesso, e nel quale emerge con prepotenza il rapporto conflittuale tra la protagonista, desiderosa di 'poter cancellare alcune parti della mia storia e sostituirle con altre', e un Iran che fatica a lasciarsi alle spalle il marchio assolutista di Saddam: 'la vita quotidiana era una lotta per la sopravvivenza', addirittura priva(ta) dell'appoggio genitoriale e delle radici di 'una casa dove sono nata o cresciuta', e l'unico supporto è rappresentato da sua sorella Noshe, simulacro di quel pacifico desiderio di libertà insito in ogni essere umano.
Fra territori svedesi, campi profughi austriaci, auditrici megalomani, bambole d'infanzia e passaporti falsi, il presente è oscuro e il futuro un miraggio.
Anche se Aida è convinta che 'In ogni mucchio di macerie ci sono oggetti utilizzabili per una rinascita.'