Dettagli Recensione
Evocativo
In un mondo post apocalittico, “arido, nudo, e senza dio”, un padre e un figlio camminano verso il mare, verso l’origine di tutto, verso la fine di tutto.
Un padre e un figlio camminano, e il tempo scorre inesorabile: i passi del padre si fanno sempre più pesanti e il respiro sempre più lento. Il padre sa che la sua fine è vicina e che presto il figlio dovrà proseguire da solo.
Un padre e un figlio camminano e non hanno nome, non hanno una casa, un lavoro, non hanno vestiti. Non hanno nemmeno una storia, solo un carrello, un po’ di cibo in scatola e una pistola.
Il padre e il figlio camminano perché hanno una missione: seguire la strada, ormai sterile, erosa e sventrata, che li porterà al mare.
Un mare che sarà meta per l’uno e inizio per l’altro. Un mare che è solo una parola vuota per il figlio, una storia di speranza come tante altre belle storie di cose che non esistono più nel nuovo mondo; un mare che è un’immagine densa di significato per il padre, che pur avendo perso ogni speranza deve lottare per lasciare qualcosa di buono al bambino, deve fare in modo che continui a credere in qualcosa, che continui “a portare il fuoco”.
E in mezzo c’è il viaggio sulla strada, arida, incenerita, irta di ostacoli, di incontri (pochi uomini e molti cadaveri) e di imprevisti.
La regola è una sola: non allontanarsi dalla strada. Un precetto che ricorre come un mantra nei rari, laconici dialoghi. Ogni sforzo dei due personaggi è teso A tornare sulla strada e procedere verso sud. La trama è questa, niente di più. Ma Cormac McCarty sa che le parole sono lame, e ogni sua frase è una pugnalata al petto. La potenza di questo piccolo libro non sta nella storia, ma nei suoi infiniti significati.
Riprendendo la metafora di Jean Paul Sartre, secondo il quale la letteratura è una trottola che non smette di girare grazie alle continue interpretazioni dei lettori, che riversano nelle pagine dei libri le loro esperienze creando nuovi mondi, mi sento di dire che quello raccontato da mc carty, altro non sia che la storia sublime del viaggio della vita di ogni padre e ogni figlio. Un cammino in una continua tensione verso il bene, o quello che l’adulto ritiene essere tale. Il figlio è un dono, è “l’ultimo degli dei”, ed essere in viaggio con l’ultimo degli dei è terribile. Al padre spetta il compito di proteggere quest’ultimo baluardo di speranza per la specie umana e metterlo sulla strada giusta nel poco tempo che gli resta a disposizione, ha l’enorme responsabilità di insegnare al figlio ad essere un uomo in un mondo che non ha più nulla da offrire. E lo fa, offrendo il suo miglior esempio.
Alla fine del libro una rivelazione, o uno spunto di riflessione:
“Stare sulla strada” era un pessimo consiglio.