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Bujar
«[…] dovrei raccontare tutto nei minimi dettagli, mostrare i permessi e la carta d’identità, documenti che è come non fossero miei e mi porto addosso come adipe in eccesso, e dovrei motivare, spiegare e giustificare che non ho l’obbligo di divulgare il mio sesso a nessuno, che non sono responsabile di quello che la gente pensa di me, ma è una loro costruzione, una loro supposizione.»
Pubblicato da Sellerio nel 2020 con traduzione di Nicola Rainò, “Le transizioni” di Pajtim Statovci riprende ed estremizza il principio di Virginia Woolf presente in “Una stanza tutta per sé” per il quale «nel cervello dell’uomo l’uomo predomina sulle donne, e nel cervello della donna la donna predomina sull’uomo».
Tra queste pagine conosciamo Bujar, albanese, la cui storia si sviluppa tra il 1990 e il 2003. Tra ricordi, presente e passato. Partito dall’Albania per l’Italia con l’amico/amore Agim, si muove non solo tra diversi paesi ma anche tra diverse identità. Si muove tra Italia, Finlandia, Stati Uniti, Spagna, ricerca il suo posto nel mondo ma anche la sua identità. Questo soprattutto dopo aver rinnegato le sue origini albanesi. Non è semplice però integrarsi. Non è semplice entrare a far parte di un nuovo contesto sociale soprattutto se ci si sente diversi, se ci si rinnega (rifiuta e rinnega le sue origini) e si è additati come tali. Perché questo significa non avere identità, non avere radici, non avere origini, non avere punti fermi da cui crescere e svilupparsi.
Ma cosa racconta “Le transizioni” se non, in primo luogo, l’attraversamento nel tempo e nello spazio di un protagonista che cerca una identità anche a livello sessuale oltre che etnico.
È un attraversamento fisico e morale ma anche temporale e spaziale. Un attraversamento che è spaziale quando ha abbandonato l’Albania ma anche quando si sposta di paese in paese. È temporale quando si osserva il tempo farsi liquido e scorrere. Ed ancora è liquida quando sono assunte più identità nell’aver perso quella etnica.
A definire il protagonista sono i rapporti con gli altri ma anche la menzogna e l’invenzione. Perché inventare una identità presuppone la morte del proprio essere. Se inventi una nuova identità necessariamente devi rinunciare alle precedenti.
Un romanzo stratificato, complesso, filosofico e mentale. Un titolo che porta il lettore a interrogarsi sul concetto di identità non solo metaforica ma anche concreta, liquida, fluida. Una identità che non accetta e ammette categorizzazioni. Non importa il risultato della realizzazione quanto l’esistere e il vivere le vite che si desiderava vivere, essere liberi, essere umani vivi nel mondo.
«Sono un uomo che non può essere una donna, ma che volendo potrebbe sembrarlo, ed è meglio che so fare, giocare a travestirmi, e decido io quando iniziare e quando smettere. […] Posso scegliere cosa sono, posso scegliere il mio sesso, la mia nazionalità e il mio nome, il luogo di nascita, semplicemente aprendo la bocca. Nessuno è tenuto a rimanere la persona che è nata, possiamo ricomporci come un nuovo puzzle.»