Dettagli Recensione
Malinconia e mal di testa
"Sono un clown. Definizione ufficiale: attore comico, non pago tasse per nessuna Chiesa"
Con questa frase-manifesto Hans si presenta. Il clown come archetipo di uomo libero da vincoli e condizionamenti sociali e per questo condannato a essere incompreso. Un fastidioso granello in collaudati ingranaggi del vivere civile. Una voce fuori dal coro che è piacevole diversivo per incontri in società fintanto che lo sproloquio si possa liquidare con sorrisetti di commiserazione.
Eppure l’occhio disincantato del clown ha la forza dell’onestà e dell'ingenuità del fanciullo e ciò che vede e denuncia è il desolante festival dell’ipocrisia.
I bersagli delle sue invettive sono tanti: il circolo dei cattolici che in nome di un formalismo bigotto distrugge l’amore puro di Hans per Maria; il trasformismo dei nuovi potenti così abili nel rifarsi una candida veste da progressisti benpensanti liquidando uno scomodo passato filo-nazista, l’avidità patologica della madre, la debolezza colpevole del padre, il patetico affannarsi d'ispirati ideologi siano essi fascisti, cattolici o comunisti.
Hans il clown è estraneo a tali miserie. Alle sciocchezze ipocrite del mondo contrappone il suo amore per Maria che nell'essere totalizzante ha valenza universale. Quando quell’amore gli viene negato, la rapida parabola discendente che è sia umana che professionale diventa inevitabile. Squattrinato e debilitato nel fisico e nello spirito, Hans annota su un foglio la lista di famigliari, conoscenti e amici incontrati nel suo persorso. Una vita intera racchiusa in una lista di nomi cui telefonare e cui aggrappare le residue speranze di rinascita. Il romanzo si sviluppa così attorno alla sequenza d'infruttuose telefonate che danno la stura a una catena di ricordi e ad amare riflessioni sulle debolezze umane.
Nella sua nobiltà d'animo, il clown non cede alle semplificazioni delle teorie universali, alle "chiese" in senso lato, ma piuttosto ricerca verità profonde attraverso l'indagine degli "attimi" il cui susseguirsi definisce le complesse vicende umane.
Vero e grottesco si confondono spesso e il romanzo non è privo di aspetti umoristici. Mi piace ricordare le paradossali conversazioni col centralinista del convitto di religiosi che ospita il fratello: un gustoso gioco dell'assurdo che spezza il clima malinconico del romanzo.
Hans il clown non troverà conforto. Nessuno tra quelli della lista compierà un gesto di umanità, di vicinanza, che la sua condizione richiederebbe. Hans non li condanna. Si limita a descriverli nelle loro miserie perché, presi come sono dal loro mondo fasullo, questi patetici personaggi della “umana commedia” sono più da compatire che da disprezzare.
Il disagio esistenziale e il senso di progressivo maliconico estraneamento crescono pagina dopo pagina assieme all'emicrania che affligge Hans. Un tragico epilogo per il clown col volto imbrattato di biacca sembra già tracciato... ma il tintinnio di una moneta nel lirico finale fa presagire una vita nuova.
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Commenti
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Per me è stata una rilettura dopo tanti anni. Lo scoprii ai tempi del liceo su segnalazione del miglior professore della mia carriera scolastica che purtroppo avemmo solo per un anno.
Ho letto anche “ foto di gruppo con signora” e ricordo che mi era piaciuto
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