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Novello Tolstoj?
Ho avuto la fortuna di leggere “Vita e Destino” pochi mesi dopo “Guerra e Pace”. Vasilij Grossman ripercorre le orme di Tolstoij e molti critici hanno sottolineato le grandi similitudini tra i due romanzi. Lo stesso Grossman, nel 1960, dichiara “dopo 10 anni di lavoro ho appena finito di scrivere un grande romanzo” e in molti passaggi del suo libro cita esplicitamente il suo illustre predecessore. D’altronde come confutare queste argomentazioni avanzate da critici “veri” (certo non come il sottoscritto che è solo un appassionato lettore). Il plot narrativo è assolutamente identico: nel primo l’invasione dell’URSS da parte dello straripante esercito nazista e l’epica resistenza di Stalingrado che segna l’inizio della fine del nazismo; nel secondo l’invasione della Russia zarista da parte delle armate napoleoniche e la grande battaglia di Borodinò che, nonostante l’apparente vittoria di Napoleone (i russi si ritirarono), in realtà segnò, come disse il generalissimo Kutuzov, l’inizio della fine dell’esercito francese e della sopravvivenza stessa di Napoleone e del suo Impero; le gesta epiche in ambedue i romanzi dei generali e dei loro eserciti, l’intrecciarsi di storie familiari, la morte del giovane ufficiale diciassettenne Tolja in Grossman e quella del sedicenne Petja Rostov in Tolstoij; il dipanarsi di amori vissuti o impossibili: in “Vita e Destino” la bellissima Evgenija, “Zenja”, che rinuncia al suo grande amore Novikov per restare accanto al marito Krimov, stalinista convinto e delatore professionale, imprigionato nei gulag staliniani, o l’amore, corrisposto ma non vissuto, tra lo scienziato Strum e Maria Ivanovna moglie del suo collega Sokolov; in “Guerra e Pace” il grande amore incompiuto fra Natas? Rostov (che poi sposerà Pierre Bezuchov da sempre innamorato di lei) ed il principe Andreij Bolkonskij o quello felice tra Nikolaj Rostov e Maria Bolkonskij.
Ma il parallelismo con cui Grossman costruisce il suo romanzo seguendo in maniera pedissequa la struttura narrativa del romanzo di Tolstoij non riesce, a mio avviso, ad emulare il grande pathos di “Guerra e Pace”.
Dopo un inizio molto promettente e alcune pagine di elevato lirismo la prosa di Grossman, da un certo punto in poi, diventa farraginosa, molto “impegnativa” da seguire, confondendo il lettore nei parallelismi piuttosto ingarbugliati delle varie vicende sociali e nella miriade di storie personali degli innumerevoli protagonisti.
Probabilmente il mio giudizio è influenzato dalle aspettative piuttosto alte che avevo nei confronti del romanzo di Grossman ma raramente ho trovato tanto faticoso leggere un romanzo. D’altronde, almeno per me, le circa 1.600 pagine di “Guerra e Pace” sono corse via con grande facilità rispetto a “Vita e Destino” che di pagine ne conta la metà.
Sia chiaro parliamo comunque di un eccellente romanzo ma credo che il parallelismo con “Guerra e Pace”, al di là delle somiglianze accennate in precedenza, abbia nuociuto a “Vita e Destino”.
I pregi del libro sono tanti. Grossman finisce il libro nel 1960, ancora in pieno regime comunista, e denuncia con grande forza il male che si annida, esplicito, anche nel sistema politico di quel regime. Non a caso il libro viene sequestrato e vedrà la luce solo nel 1980 in Svizzera. Grossman, infatti, pur individuando nel nazismo il peggiore di tutti i mali, non inneggia, come Tolstoij, alla grandezza del popolo russo tout-court; anzi non esita a denunciare lo stato di oppressione che attraversa l’intera popolazione delle repubbliche sovietiche e il progetto staliniano di creare uno stato totalitario che annulli le libertà individuali e fondi la sua stessa ragion d’essere sulla delazione di tutti contro tutti. Emblematici sono il caso dell’ufficiale Mostovskoj che prima è imprigionato in un lager nazista e poi, accusato di aver collaborato con il nemico, in un gulag sovietico o del prof. Strum, grande scienziato autore di geniali scoperte nel campo della fisica nucleare, che nonostante l’ostracismo della sua comunità scientifica e la messe di delazioni cui è sottoposto, sceglie di mantenere integro il suo nome rifiutandosi di firmare una autoconfessione; riabilitato da una telefonata dello stesso Stalin viene reintegrato nelle sue funzioni ma trovatosi nuovamente di fronte ad una scelta che, questa volta, non riguarda lui ma alcuni onesti colleghi incarcerati con ignobili accuse, non riesce a mantenere nuovamente intatta la sua rettitudine morale accettando di firmare una delazione contro costoro. Ma di episodi del genere il libro è pieno riuscendo a dare uno spaccato estremamente realistico delle condizioni di vita esistenti nel periodo staliniano.
Oltre che nella denuncia delle ingiustizie un altro valore che va sottolineato del libro di Grossman risiede nella sua laicità. Mentre il romanzo di Tolstoij è intriso di profondo spirito religioso (esempio massimo, tra gli altri, è il personaggio di Maria Bolkonskij, ma anche lo stesso principe Andreij, soprattutto durante la sua agonia) questo misticismo è totalmente assente in “Vita e Destino” dove la “Vita” è rappresentata dai soprusi, dalla sopportazione, dalla guerra, ecc., ma dove i protagonisti, attraverso le loro scelte individuali, sono gli artefici del proprio “Destino”.
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Io l'ho trovato assai pregnante e ricco di interesse, anche se non sempre di agevole lettura.