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Volare in solitaria
“Come stai? Bene”. Quante volte si risponde in automatico in questo modo a questa domanda così comune, che molto spesso, anche per chi viene pronunciata, ha la stessa valenza di un “Ciao”. Eleanor sembra stare bene, forse è anche un po' convinta di stare bene, ma le manca molto mondo che per gli altri è normale, e solo con quel mondo comincerebbe a stare davvero bene. Con Eleanor ho sentito subito empatia, per il suo isolamento sociale, per i suoi silenzi dal venerdì sera al lunedì mattina, per il suo rito della pizza nel fine settimana, perfino per la sua cicatrice. E, come un fiore che sboccia, ho sentito altrettanto calore quando, complici alcune coincidenze di vita, ha iniziato ad accettare inviti, per cercare di sentirsi uguale agli altri, quando si è sforzata di coltivare la sua capacità di socializzare. Proprio lei, abituata a volare in solitaria a causa di una terribile storia personale che ha radici nella sua infanzia, proprio lei, al centro di un ciclo costante e statico, in cui ruota su se stessa, dentro se stessa, silenziosa e sola, ha cominciato a voler creare qualche incrinatura, per far entrare dentro di lei un po' di luce e per sentire anche quelle sensazioni fisiche che anche solo un semplice abbraccio di un amico è capace di sprigionare. Ha cominciato a percepire la bellezza dell’accoglienza e dell’ascolto, anche se nessuno glielo ha mai insegnato, e la parte priva di cicatrici del suo cuore ha cominciato a pulsare di vita ed a scaldarla. E’ un personaggio che a tratti sembra un po' svitato, ma suscita indubbiamente una grande tenerezza.