Dettagli Recensione
Melodia d’autore
Una dolce melodia risuona nella delicata prosa di Abdulrazak Gurnah, recente premio Nobel per la letteratura, scrittore africano naturalizzato inglese cantore di un angolo di continente ( Zanzibar ) con evidenti contaminazioni mediorientali e reduce da un passato di colonizzazione, voce pacata e poetica espressione di cultura, saggezza, profondità.
In un’ Inghilterra rifugio di un’umanità in fuga da una terra percossa da governi fragili e persecutori, senza presente e futuro, l’ anziano protagonista del romanzo, Saleh Omar, mercante di mobili, oggi vive la mezza vita di uno straniero in una terra aliena con i timori e l’ agitazione che sente attorno a se’ mentre cammina nelle vie della piccola città di mare in cui è approdato.
Il passato ha le sembianze di un angolo di terra molto lontano sulle rive di un caldo oceano verde, quella porzione di Africa orientale dove risuona la lingua kishwahlili, in se’ conserva le innnumerevoli voci del passato, la fragranza dell’ out-al-qamari, il soffio dei musim, i venti monsonici, immagini trasferite nel presente grazie a una presenza ignara di quello che è stato, Latif Mahmud, un rifugiato come lui che a sua volta si è costruito una vita in questa terra, in fuga dal passato e da una famiglia a pezzi, che lo ha riconosciuto grazie al nome che porta, di un nemico e di un padre, un nome falso ma necessario a salvargli la vita.
Oggi Saleh Omar è un uomo privo d’identità, lasciato a marcire e umiliato, uno strumento all’ interno delle belle storie di altri, ma qualcuno deve farsi carico della sua vita, il recupero della propria storia passa attraverso il riconoscimento, una maschera che cade facendo riemergere ricordi dolci e crudeli.
Ha Inizio una narrazione duale, una trama complessa con radici lontane, un rapporto di odio e di malinformazione, il rimescolio di voci e di tradizioni, di popoli e di culture contaminate e diverse, storie di mercanti e di marinai, di uomini e di famiglie divise, spezzate, di lotte intestine e di perdite, di colonizzatori che un giorno se ne sarebbero andati lasciando caos e violenza insieme alla fine del loro impero.
La narrazione si copre delle fragranze e della melodiosa presenza di una terra nostalgicamente lontana, ma anche del dolore e della sofferenza di un passato violento con il gusto un po’ amaro della meschinità e della vanità personale e una critica a un occidente che non ha saputo che colonizzare e dimenticare.
Di fronte a lui un uomo colto che non si è concesso all’ odio e alla vendetta, il cui sorriso sembra esprimere calma e rassegnazione, che si è costruito una vita altrove, lontano dalla propria terra da più di trent’anni, poeta e insegnante di letteratura, che ricorda un padre rassegnato nella sua futilità.
In questi lunghi momenti la ricostruzione di un intreccio dalle radici lontane stravolge il presente in una nuova versione che ridefinisce i rapporti e cancella le ombre, la frequentazione e la curiosità ispirano la voglia di ritornare in un luogo e in un tempo che si è lascati alle spalle, di sentire il racconto della controparte, di trovare un po’ di sollievo. Intanto il “ nemico “ continua il lungo racconto e confessa le proprie colpe, un destino favorevole e avverso nel cuore di una verità da rivelare, una confessione necessaria che non chiede l’ assoluzione dei propri peccati
D’ altronde … “ è un posto triste il paese della memoria, un deposito buio con pavimenti marci e scale arrugginite dove a volte si passa il tempo frugando tra cose abbandonate “…
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