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Smania di eccedere
Chi era Buster Casey? Un eroe o un delinquente? Un freddo calcolatore o un rabbioso istintivo? Un ribelle come tanti o un pazzo scatenato? E poi: come è morto Buster Casey? È stato un suicidio? Un omicidio? Una fatalità? Ma Buster Casey è morto davvero? Oppure è stata solo una messa in scena? Se fosse morto e poi risorto? O si fosse reincarnato? O stesse facendo su e giù nel tempo tra passato, presente e futuro? Per conoscere meglio questo protagonista a metà tra uomo e leggenda dobbiamo mettere insieme, ordinare, interpretare, come fossero piccole tessere di mosaico, le tante, confusionarie, contraddittorie dichiarazioni di una serie di personaggi che lo hanno conosciuto per i più disparati motivi. Parenti, amici, nemici, semplici conoscenti, si concedono in frammenti di interviste parlando del bambino, del ragazzo, dell'uomo, in uno spazio temporale abbastanza ampio da percorrere la sua esistenza, dal concepimento al tragico epilogo e alle sue conseguenze. Dalle prime marachelle da teppistello di provincia che gli sono valse il soprannome "Rant" (termine onomatopeico che richiama il suono dei conati di vomito), passando per il tormentato rapporto con veleni, morsi e punture di animali di ogni specie, al rifiuto di qualsiasi regola, imposizione, limite, fino alle tragiche serate di party crashing (allucinato passatempo che richiama l'insano bisogno di autodistruzione già trattato dall'autore nel più celebre e riuscito "Fight Club") che lo hanno portato alla morte. Sullo sfondo un mondo distopico, con una società divisa tra chi vive la sua esistenza di giorno, i cosiddetti "diurni", e chi non vede mai la luce del sole, i "notturni", con le sirene del coprifuoco a scandire i tempi, con un'allarmante pandemia di rabbia in corso, con i concetti di bene e di male, di giusto e sbagliato, di rispetto e di scorrettezza che sembrano aver perso qualsiasi significato. Una storia bizzarra in cui l'autore va a perdersi un po' troppo nella voglia di strafare, nella necessità di trovare l'eccesso a tutti i costi, ottenendo il controproducente effetto di passare dal dissacrante al volgare, dal sarcastico al ridicolo, dall'anticonformista al banale. Bene l'originale espediente letterario del racconto "orale", lo stile di scrittura, anche se poco virtuoso, è adatto al contesto, i contenuti sopra le righe hanno ambizioni trasgressive che troppo spesso scivolano nel trash. Il filone narrativo, seppur frammentato dai continui cambi di punto di vista, segue un suo filo logico, ma i buoni presupposti iniziali che accendono nel lettore una qualche forma di curiosità, di interesse, quasi di stramba simpatia, si perdono strada facendo, mortificati da una smania di eccedere affidata ad idee confuse, esagerate, inconsistenti. La pur giustificata ambizione di mettere in ridicolo alcuni aspetti della società umana, di sbeffeggiare il bigotto perbenismo, di ribellarsi alle convenzioni, nel complesso non sembra aver prodotto i risultati sperati. "Come si fa a dire che Rant ha reagito in modo eccessivo? Come vuoi che reagisca una persona intelligente quando scopre di non essere altro che il prodotto di un sistema corrotto e malvagio? Come puoi continuare a vivere sapendo che ogni tuo respiro, ogni dollaro di tasse che paghi, ogni bambino che metti al mondo e a cui vuoi bene servirà soltanto a perpetuare un sistema marcio? Come fai a vivere sapendo che ogni tua singola cellula e goccia di sangue è parte integrante di questo marciume?"
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