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Eden perduto
Se siete rimasti affascinati dalla splendida scrittura di Abdulrazak Gurnah in “Sulla riva del mare”, difficilmente potrete non amarla ancora di più in “Paradiso”, secondo dei dieci romanzi in corso di ripubblicazione presso la casa editrice La nave di Teseo che, dalla fine dello scorso anno, si è attivata per far meglio conoscere nel nostro Paese le opere del Premio Nobel 2021 per la Letteratura.
Una prosa notevole, intrisa di poesia e della malia degna di antichi cantastorie, quella dello scrittore ultrasettantenne originario di Zanzibar ma residente ormai da una vita in Inghilterra, che anche in questo libro non manca di sorprendere e incantare il lettore, trascinandolo con sé all’interno di una vasta porzione dell’Africa orientale di più di un secolo fa, crocevia cosmopolita dove risuonano arabo e swahili e i confini sono ancora fluidi in attesa degli stravolgimenti imposti dalla successiva storia coloniale.
Pubblicato in lingua originale nel 1994 e finalista al britannico Booker Prize, “Paradiso” vede protagonista delle sue pagine il piccolo Yusuf che, all’età di dodici anni, si ritrova d’improvviso inconsapevole “rehani”, dato cioè in pegno a causa dei debiti del padre. A portarlo via dalla famiglia un giorno in apparenza come tanti è un ricco mercante della costa, zio Aziz, dall’ “odore strano e insolito, un misto di cuoio e profumo, caucciù e spezie, oltre a qualcosa di meno definibile che evocava […] l’idea del pericolo”. Ad attenderlo si profila una vita di lavoro al servizio del “seyyid” (signore) che lo conduce nella città dove ha casa ed emporio, presso cui lavora già un altro ragazzo più grande di lui, un altro “rehani”, che lo istruisce minuziosamente sul da farsi e con il quale la notte condivide la stuoia per terra, sotto la veranda davanti al negozio, mentre cani randagi e affamati insidiano il loro sonno. Ma più che agli affari l’attenzione del fanciullo è ben presto rivolta allo splendido giardino cinto da mura dell’abitazione del mercante, con i suoi aranci e melograni, canali, aiuole, suoni d’acqua, colori e profumi che lo rendono per davvero un giardino dell’anima, un piccolo paradiso sulla terra. All’improvviso, giunge però il tempo di distaccarsi pure da esso e partire alla volta dell’entroterra, al seguito delle colonne dei portatori delle lunghe spedizioni di Aziz, per imparare l’arte del commercio e “la differenza tra selvaggi e uomini civilizzati”.
Un meraviglioso romanzo di formazione in piena regola, ma anche di avventura e molto altro, capace di coinvolgere ed emozionare oltre ogni prevedibile aspettativa attraverso una sublime narrazione densa di scenari, fatti, personaggi. “Paradiso”, prova di altissimo livello di Abdulrazak Gurnah, supera – a mio parere – “Sulla riva del mare”, già di per sé notevole, e permette di comprendere ancora meglio perché la scelta dell’Accademia di Svezia lo scorso autunno sia caduta proprio su questo scrittore africano forse rimasto, a livello internazionale, troppo a lungo e immeritatamente nell’ombra. Anche queste pagine, come quelle dell’altro volume, non mancano di toccare, e non certo in modo superficiale, il tema del colonialismo, uno dei cardini della scrittura di Gurnah: alla vigilia della Grande guerra, i bianchi incombono minacciosi anche su quella parte del continente nero, anzi sono già lì, a partire dai poco amati tedeschi ritenuti senza scrupoli. Sono comunque gli europei nel loro insieme a fare una pessima figura (“Le cose che non si sentono sul loro conto!”); diversi passi del libro si soffermano sulle voci e l’immagine che di loro circola tra mercanti e gente del posto e così la vergogna di ciò che è stato affiora senza remore come giusta condanna da non tacere. “Europei e indiani si prenderanno tutto” fa sentenziare profeticamente a zio Aziz l’autore, sottolineando con amarezza il brulicare avido e famelico che corrode la zona.
Ed eccola lì, dunque, l’Africa, l’altra grande, immancabile protagonista del romanzo. Bellissima e innocente al pari di Yusuf, immenso giardino paradisiaco ricco di meraviglie, come quello della casa del mercante, ormai prossima a divenire per sempre un Eden perduto per le proprie genti e a precipitare in un’interminabile stagione d’inferno da cui sembrano fuggire con orrore persino i jinn (gli spiriti della tradizione islamica) e le antiche favole.
Una pubblicazione di indiscusso pregio, per la quale un plauso riconoscente va all’editore che ha riproposto in Italia tale gioiello. Una storia da leggere e amare. Un romanziere tutto da scoprire!
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