Dettagli Recensione
Belfast, 1994
«Ecco cosa succede quando si mente. Se non ti credono ti vergogni di te, se lo fanno ti vergogni per loro.»
Anno 1994, Belfast. Due volti, Chuckie e Jake, protestante il primo e cattolico il secondo, sono profondamente amici e vivono in un contesto che si propone come un vero e proprio campo di battaglia. Sono due personalità, al contempo, molto diverse. Se Chuckie con la sua mole prorompente e il suo modo trasandato è molto bravo in imprese commerciali, Jake sogna un amore che gli sconvolga la vita. E in effetti, all’inizio dell’opera, è sempre più evidente quanto questo carattere lo determini e caratterizzi nel suo modo di vivere.
Ma di base il componimento si focalizza su una serie di elementi che fanno da scenario costante: il conflitto tra protestanti e cattolici, unionisti e repubblicani, derelitti e attentatori. Sì perché le strade di Belfast sono reduci e protagoniste di stragi e assassini di cui a far le spese sono ancora una volta i cittadini.
Ed ecco allora che ci ritroviamo per queste strade e che per voce di questi antieroi conosciamo quel che delinea i fatti di questi tempi. Tra relazioni finite male, disillusioni, lavori arrancati, morti e perdite, distruzione ma anche voglia di riscatto e di trovare un perché che possa dare adito, forma e sostanza a quel desiderio sempre più forte e concreto di ripartire.
«Un gesto stanco, ma cordiale a mano aperta. Non so, facendo quel lavoro avevo avuto a che fare con vecchi, donne, persino bambini, ma per quanto fosse strano, non mi era mai dispiaciuto così tanto quanto per quell’uomo che piangeva di nascosto e salutava chi gli stava portando via tutto quello che gli era rimasto della donna che lo aveva lasciato.»
Un romanzo intriso di stanchezza per quel che accade, di disillusione, di denuncia è “Eureka street”. Si tratta di un’opera all’interno della quale a far da padrona è una voce semplice, lineare, colloquiale. Anche troppo, alle volte. Il gergo usato, canzonatorio quanto comune, tende a disattendere e sfiancare il lettore che perde in parte di coinvolgimento nel leggere. È infatti questa la vera pecca dello scritto. Un contenuto capace di far riflettere con personaggi che arrivano ed entrano nelle corde del lettore riuscendo ancora a coadiuvare fatto storico con finzione narrativa a cui si aggiunge uno stile che talvolta si rende davvero faticoso nel suo scorrere. Nel complesso un titolo capace di solleticare la curiosità ma che, tuttavia, anche allontana e respinge.
«L’esplosione sfila via le scarpe alla gente come un genitore premuroso e la lasciva violenza dela deflagrazione sbottona le camicie agli uomini e solleva le gonne alle donne. Dopo l’esplosione i morti sono sparsi per terra come frutta marcia e, soprattutto, sono irrimediabilmente, impudicamente morti. Morti e basta.»