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Quella strada che solca l'America...
«Ma a volte sono le circostanze a scegliere il momento al posto tuo, come quando una nuvola di polvere a un miglio di distanza sulla strada annunciò l’arrivo di sua figlia.»
Siamo nel 1954 in Nebraska. Le pagine si aprono con un viaggio in macchina con destinazione quel luogo chiamato casa e a bordo un giovane, Emmet Watson, accompagnato all’uscita dal riformatorio dal direttore Williams di questo per auspicare all’inizio di una nuova vita. Emmet ha ucciso involontariamente un coetaneo e ha scontato la sua pena seppur con le dovute circostanze attenuanti che lo hanno portato a uscire prima dal carcere. Ad attenderlo vi è Billy, il fratellino, e i resti di una casa che il padre, giunto in Nebraska da Boston nel 1933 con la nuova moglie e il sogno di lavorare la terra, non ha finito di pagare e che quindi è stata pignorata. Lui che nei due decenni successivi al suo arrivo aveva provato a coltivare mais, soia e perfino alfalfa e ogni volta si era ritrovato con i progetti andati in fumo. Lui che quando il figlio maggiore di quindici anni gli aveva comunicato di aver trovato lavoro presso il signor Schulte per imparare il lavoro di carpentiere non si era opposto perché consapevole che in quella terra non vi era futuro. Nulla trattiene più i due giovani in città, oltretutto a maggior ragione considerando che non sono ben visti dopo quanto accaduto. Le strade che i due fratelli vorrebbero percorrere sono però diverse. Il fratellino Billy vorrebbe infatti raggiungere San Francisco perché dopo aver trovato alcune lettere è convinto che la madre che li ha abbandonati da tempo si trovi lì.
«Ma a volte la sfortuna diventa troppa perché un uomo riesca a superarla, a prescindere da quanto tempo gli si conceda.»
Emmet è in possesso di un unico grande bene: una quattroporte decappottabile celeste pagata con quanto ottenuto dal precedente lavoro presso il signor Schulte prima di finire in prigione. Si tratta di una Studebaker Land Cruiser classe 1948. È con questa che egli vuole mettersi in viaggio con Billy. Tuttavia non sempre tutto va come vorremmo o come avremmo pensato potesse andare, dalla partenza, ai compagni di viaggio, agli stessi intoppi del cammino. E poi vi è lei, la Lincoln Highway, ideata nel 1912 e che ha preso il nome da Abraham Lincoln, e che è stata la prima strada ad attraversare l’America da una parte all’altra. Un altro sogno, un luogo da percorrere alla ricerca di quel futuro così agognato.
Un romanzo che nelle sue pagine contiene tutto quello che è il sogno americano. È un titolo, infatti, che delinea quel tratto comune alla mentalità del luogo atta e finalizzata alla ricerca di un futuro migliore e possibile, di un futuro che è raggiungibile e che per questo deve essere inseguito senza mai cedere al dubbio o alla paura di non farcela.
Una storia raccontata a più voci che è intrisa di malinconia, speranza, illusione, quasi come se un fato fosse già stato scritto e per questo fosse immutabile. Lo stile è un po’ altalenante con il suo accelerare e rallentare ma ben accompagna il lettore. Una lettura che riesce a far riflettere sul sogno americano e quel continente così lontano eppure così vicino nei sogni dei più.
«Se in guerra ho imparato qualcosa, è che il momento di totale abbandono, il momento in cui ti rendi conto che nessuno verrà in tuo aiuto, nemmeno il tuo Creatore, è proprio il momento in cui puoi scoprire in te la forza che ti serve per andare avanti. Dio non ti richiama in piedi con gli inni dei cherubini e Gabriele che soffia sul suo corno. Ti richiama in piedi facendoti sentire solo e dimenticato. Perché solo capendo di essere davvero abbandonato, accetterà il fatto che ciò che accadrà dipende da te e da te soltanto.»