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I quaderni botanici di Madame Lucie
 
I quaderni botanici di Madame Lucie 2022-02-10 16:54:28 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    10 Febbraio, 2022
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La forza nella perdita

«Quando ci siamo coricati tra le lenzuola nere del letto da adolescente di Benjamin, ricordo di aver provato una pace profonda e inedita. Si è addormentato con una mano sulla mia nuca, e io ho pregato che non cambiasse niente, di poter continuare a far parte della loro tavolata, io e tutti i bambini che avremmo avuto. Avevo scoperto il senso della parola famiglia.»

Ma cosa succede se da un giorno all’altro quel senso di famiglia, quel legame profondo, quella parola e quel senso appena scoperti vengono a sgretolarsi come un castello di sabbia che investito dall’onda del mare torna al suo stato originario? Cosa ne è di quelle ceneri che restano al posto di quei legami ormai definitivamente spezzati? Come andare avanti quando hai la consapevolezza che non potrai più avere quel che avevi o che speravi un domani di poter avere? Questo è quello che succede ad Amande Luzine, trentenne che a seguito di quella notte del 21 giugno vive aspettando. Aspettando che il tempo passi, aspettando che la morte se la prenda. Perché proprio in quella notte tutto quello che aveva è scomparso per sempre. Da quella sera inizia ad affrontare un percorso di dolore che la porta ai calendari di Madame Hugues in quella che è la proprietaria della casa lontana dalla città in cui si trasferisce a vivere. È reduce da un doppio lutto, Amande. Dal compagno amato e dalla figlia prematuramente perduta a seguito dallo shock per la notizia della perdita del primo. Da qui, piano piano, Amande inizia un percorso di crescita, un percorso volto a ricominciare a vivere. Inizia il suo cammino per tornare a conoscersi e amarsi ma anche per darsi quell’occasione per poter voltare pagina con un nuovo inizio. Perché ancora non è giunto il momento di scrivere quella parola chiamata fine.

«Se un chicco di grano non fosse impermanente, non potrebbe trasformarsi in stelo di grano, se lo stelo di grano non fosse impermanente non potrebbe dare la spiga che mangiamo.»

Con “I quaderni botanici di Madame Lucie” Melissa Da Cosa torna in libreria con un secondo lavoro che segue a “Tout le bleu du ciel” e che ha il coraggio di trattare temi non semplici e di rivolgere ai suoi lettori un inno alla speranza. Ella affronta anche le tematiche del lutto, della perdita, della sofferenza di chi resta e deve ricominciare. Vi riesce per mezzo di una penna non troppo erudita ma fluida che invita a non mollare, a darsi una seconda occasione, a credere nel domani anche quando pensiamo di non averlo un domani.
Ed è proprio lo stile la sbavatura di questo romanzo: a tematiche importanti e riflessive che invitano all’introspezione fa da contrappeso una penna fin troppo semplice e basilare, che finisce talvolta con l’essere ridondante e/o perdere nel ritmo narrativo tanto da non riuscire a reggere l’impatto di quelle che sono le problematiche affrontate.

«Non servono cerimonie per creare per creare solennità e bellezza. È il mio terzo pensiero, mentre contemplo il fuoco sacro che anima le nostre ombre sul tronco del salice. La mia ombra, alta e deformata. Quella del gatto grigio, piccola e misteriosa. […] Ho un salice piangente che ha il nome di un defunto, un gatto che mi ha adottato e delle candele che ho modellato con le mie mani. Ho la luna piena e anche la brezza, perché senza di lei le candele non danzerebbero… E nemmeno le nostre ombre.»

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