Dettagli Recensione
Quale destino?
Paul Raison, alla soglia dei cinquant’ anni, è chiamato a riflettere su una vita difficile, sulle parole, i sentimenti, il proprio lavoro, su una relazione sentimentale sopita, dubitando di quello che è stato, preoccupato di ciò che sarà e a cui il paese andrà incontro, nel presente gli esiti della contemporaneità.
Paul e’ uno dei più stretti collaboratori di Bruno Juge, apprezzato ministro dell’ economia, uomo di potere, un tecnico poco empatico ma con un cuore, i due vivono una simbiosi lavorativa e un legame che sa di fiducia e di confidenza, accomunati da una certa noncuranza nelle relazioni personali, dal disfacimento del proprio matrimonio in un paese minacciato dal terrorismo informatico e da un nemico senza volto.
Lo stato sara’ in grado di affrontare la minaccia? Pubblico e privato ricostruiscono e restituiscono una politica indirizzata al bene comune, quando non al fine personale, inseguendo indicatori macroeconomici, senza una precisa ideologia e un piano politico strutturato, una vita ignara di tutto il resto, ingiusta ma necessaria, sfuggita di mano in un’ imprecisata rappresentazione di se’.
In un periodo storico nel quale la rivalità economica ha soppiantato quella militare, lo sviluppo tecnologico e’ la nuova forza politica determinante e il protezionismo la risposta del presidente ai propri elettori, le cose hanno preso una brutta piega, il quotidiano ...” infettato da una normatività quasi fascista ovattata da un’ atmosfera pseudo-ludica “...
Nel mentre il privato di Paul riflette la solitudine degli uomini di potere, un microcosmo spogliato di qualsiasi senso di appartenenza, immerso nel lavoro per scacciare i pensieri, sulla compagna Prudence, sul padre, sulla sorella Cecile.
Ogni sera ritorna nel suo grande appartamento parigino in una Francia che è ...” una giustapposizione aleatoria di agglomerati urbani e deserti rurali “..., semplice spazio vuoto di una separazione condivisa con Prudence, stanze separate dove ripetere una gestualità spogliata di qualsiasi tenerezza.
La loro crisi non è una coincidenza, ...” il miglioramento delle condizioni di vita va spesso di pari passo con un deterioramento delle ragioni di vita “... in particolare della vita di coppia.
Il cuore del romanzo percuote laconicamente le riflessioni del protagonista, è sobrio, scarno, uno stillicidio di fatti, immagini, parole, pensieri caustici.
Idee che attraversano un uomo poco avvezzo ai voli pindarici, tra malinconica rassegnazione e arguto sarcasmo, all’ interno della caducità del presente, che afferma l’ inutilità dei rimpianti, degli errori di gioventù, ignaro dei rapporti interpersonali, con la famiglia, i fratelli e il padre, della cui vita poco si è occupato e poco conosce.
Ci sono momenti, sempre più numerosi, in cui realizza l’ incompiutezza di una vita a metà, porzioni di storie che divengono la propria storia, chiamato al capezzale del padre malato, un grave lutto che lo tocca intimamente, i giorni con Prudence ricoperti d’ indifferenza, quesiti irrisolti sulla natura della propria assenza.
Avrebbe bisogno di più tempo ma c’è un lavoro da portare avanti, nuove alleanze, elezioni presidenziali imminenti, un nemico sempre più minaccioso, una politica che macina giorni e sentimenti, stritolati dalla macchina della popolarità e del consenso.
Un modus operandi che Paul non riesce a vivere, dissimulare e rappresentare e che lo getta in uno stato di sconforto e di noncuranza, un uomo del proprio tempo che agisce all’ interno delle regole, pur disprezzandole, che è conforme alle proprie idee ma privo, da sempre, di una grande forza morale.
Houellebecq si muove all’ interno di un campo minato, fluttua tra pubblico e privato, politica e potere, economia e società, denunciando storture note ormai acquisite, Paul è sospeso tra le due rappresentazioni di se’, l’ uomo e il politico.
Nel narrare la propria storia, una verità fatta di bugie, aggiustamenti, inganni, sentimenti ignorati e calpestati in un ménage famigliare piuttosto svilente, occorre un trauma definitivo per scoperchiare le parti e continuare nella propria insana menzogna.
Si può cadere e rialzarsi dopo l’ elaborazione di un lutto, un senso di cui appropriarsi per provare a essere, sempre che un senso vi sia.
Se la vita, un giorno, pare aggiustarsi, acquisire consapevolezza o semplicemente restituirsi a un umanesimo perduto, rilasciando una porzione di tempo e di intimità condivise, ( con Prudence ), non tutto può essere indirizzato, travolti da un quid che inscena tutt’altro.
D’ improvviso l’ impensabile investe i propri giorni, secondo un fragile schema psicologico che ricopre il se’ di una colorazione difforme, insana, illogica ma vera, a tempo determinato, come la vita finora non era stata.
Una nuova dimensione, soli o con chi si ama, un lungo tunnel e una luce interiore generata dal cambiamento, un volto, parole, gesti, attesa, doppiamente consapevoli che ...
“...Non eravamo troppo fatti per la vita, vero... in una realtà che si erano limitati ad attraversare in una incomprensione spaurita.
.... Ma erano stati fortunati. Molto fortunati. Per la maggior parte delle persone la realtà era, dall’ inizio alla fine, solitaria...
..Non credo che fosse in nostro potere cambiare le cose, no, avremmo avuto bisogno di meravigliose menzogne “...
Un romanzo sul tramonto di un’epoca attraverso gli occhi e la vita di chi in essa ha vissuto, sul senso di decadenza pubblica e privata di questa prima parte del ventunesimo secolo, un’epoca arroccata sui resti della famiglia e della vita coniugale, in un processo di disfacimento economico, sociale, culturale, politico, individuale.
Il racconto scalfisce e corrode l’ intimità del protagonista, si fa commovente per alcuni temi trattati, l’esistere, la malattia, la morte, ma è anche una visione fredda, caustica, distaccata che pare accomiatarsi da una vita satura di premesse poco invitanti.
Una trama corposa ma non sempre armonica, in alcuni passaggi prolissa, indigesta, si pensi ai sogni maldestri del protagonista, ad alcune astratte dissertazioni socio-politiche ed economiche, a relazioni interpersonali non sempre oggettivamente credibili che riflettono situazioni stereotipate.
Per contro è apprezzabile l’ ultima parte, quando ormai tutto pare perduto e riguadagnato, un soliloquio con momenti di delicatezza estrema di fronte ai grandi temi della vita e della letteratura, l’ essenzialità dell’esistenza nei suoi principi più veri, i limiti e le debolezze di un uomo che rimugina nella propria coscienza, tra paure ( la morte ) e certezze ( l’ amore ), temi trattati con intelligenza, sobrietà, profondità, che evidenziano una sensibilità intellettiva, artistica e umana d’eccezione.
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In questo libro ho trovato un Houllebecq decadente, confusionario, perfino deludente nelle sue pagine erotiche ed ho faticato da grande ammiratore a riconoscerlo.
Anch'io ho trovato molto bella ed intensa la parte finale.
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