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METAMONDI PARALLELI
Gli amori impossibili, taciuti e nascosti in fondo al cuore e che quando cala la notte si animano dietro al buio delle palpebre, con Murakami acquisiscono la consistenza di inchiostro su carta e diventano belle storie. Le stesse che, nella vita di tutti i giorni e sulla bocca di tutti noi, scadrebbero nel ridicolo, nella noia, tacciando di mancanza di senso pratico i loro fautori, coloro che non sanno stare al mondo.
Orbene, a tutti coloro che non sanno stare al mondo, Murakami ne offre uno alternativo. Una realtà altra, irradiata della luce soffusa di una doppia luna e popolata di quelle assenze taciute e nascoste che qui parlano, agiscono, vivono di vita propria, risarcendo coloro che vi hanno abdicato e riuscendo a sedurre tutti gli altri che normalmente si annoierebbero.
Siamo nel 1984, anno che rievoca le atmosfere orwelliane del grande occhio che tutto osserva e tutto governa e che qui ha le sembianze senza volto dei “Little People”.
La storia ha per protagonista Aomame: una giovane donna fredda, distaccata, apparentemente priva di qualsiasi reazione emotiva. Uccide, fa sesso, nella stessa maniera in cui si nutre, vale a dire per puro bisogno fisiologico, per spinta inerziale ad andare avanti.
Il piacere è altro e non è dato soddisfare. Ha il nome di Tengo, un compagno di scuola di cui ha perso le tracce, non il ricordo. E il ricordo basta per tenere in vita lei, Tengo e altresì generare una nuova storia. Quella della crisalide d’aria, sul cui cielo plumbeo campeggiano due lune…
Una formula narrativa sovente sperimentata da Murakami: due metamondi, due storie apparentemente slegate l’una dall’altra, scorrono parallele lungo i binari del romanzo: si guardano, si annusano, si sfiorano, ma non si toccano. Poiché più bello del finale lieto, è il finale sublimato.
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