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Brexit ed altri errori
I personaggi sono gli stessi de “La banda dei Brocchi”, insieme a figli e nipoti, ma qui l’intreccio tra vicende private e sfondo storico-politico è più stringente. Coe riprende infatti la saga dei Trotter e dei personaggi che ruotano intorno a loro, proiettandoli, ormai cinquantenni, negli anni che precedono e seguono la Brexit (2010-2018). E forse “Brexit” sarebbe stato il titolo più adatto per quest’opera. Il tratto più politico del romanzo trova riscontro nei numerosi incontri di un componente della banda, Doug Anderton, giornalista vicino al Labour ma critico verso il partito, con Nigel Ives, uno dei responsabili della comunicazione del premier Cameron, che così diventa anch’egli protagonista del racconto. Del resto, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue è stata anche effetto degli errori di valutazione della classe di governo.
Lo scrittore, infatti, sa dare corpo e anima a questo evento epocale, raccontandoci il suo farsi attraverso la vita quotidiana di uomini e donne, tra percezioni deformate della realtà, paura e sopravvalutazione del fenomeno immigratorio, facile propaganda populista, strampalate ma pervasive teorie complottiste, nostalgia di una presunta sovranità perduta, crisi industriale, mancanza di comunicazione tra intellettuali e popolo. Geniali le pagine dedicate alla cerimonia d’inaugurazione delle Olimpiadi di Londra del 2012, in cui per un attimo l’orgoglio sembra riunire la nazione e stemperare le divisioni, anche se l’adesione delle classi colte all’evento ha una matrice di tipo intellettualistico.
Protagonista, attraverso il clan dei Trotter, è questa classe medio-borghese, prevalentemente intellettuale, insediata nella Middle England, a Birmingham, dove più forte soffia il vento dell’”exit”. Un ceto che appare quantomeno corresponsabile di quello che accadrà.
(Segue qualche anticipazione sulla trama, indispensabile, a mio avviso, per un'analisi corretta).
Si prenda il personaggio di Sophie, la nipote del protagonista, Benjamin Trotter.
Ha rimproverato un’alunna in procinto di compiere la transizione sessuale con una domanda che poteva suonare equivoca. Gli studenti, capeggiati da Corrie Anderton, figlia di Doug, la mettono sotto processo, la accusano di omotransfobia, le fanno perdere il lavoro. Parte la macchina del fango alimentata dai social e dalle chat di gruppo: Coe sa cogliere con molto acume queste degenerazioni della moderna comunicazione. Il consiglio d’amministrazione si schiera subito vigliaccamente dalla loro parte. Perfino Emily Shanna, la presunta vittima di questo crimine inesistente, si scuserà con la docente, marcando le distanze tra sé e i persecutori della docente. Il pensiero corre all'equivoco lessicale che stronca la carriera accademica di Coleman in La macchia umana di Roth. Ma Sophie ha una inconfondibile peculiarità: pur essendo la vittima di un politicamente corretto spinto fino all'esasperazione e pur essendone consapevole, continua a giustificarlo e ad adottarlo nel suo rapporto con la realtà. Ha, infatti, un atteggiamento comprensivo nei confronti dei suoi contestatori: "C'è stato un fraintendimento, ecco tutto. Succede. E in ogni caso non ci vedo niente di folle ad avere rispetto per le minoranze". Inoltre, non vuole neanche prendere in considerazione le recriminazioni del marito Ian contro i dirigenti della scuola guida in cui lavora, che a suo avviso gli hanno preferito per la promozione una istruttrice di origine asiatica più per un pregiudizio razziale… alla rovescia che per meriti effettivi. E sarà proprio Ian, durante un litigio, a profetizzare l’esito referendario pro Brexit come conseguenza di questo drammatico distacco tra l'élite intellettuale cui Sophie appartiene e la massa della popolazione: "Vincerà chi vuole uscire. Lo sai perché?[...] Per quelli come te". Il romanzo accende così una spia nella mente del lettore e lo induce a ripensare a tutte le volte che questa separazione si ripeterà, dall’inaspettata ascesa di Trump alla presidenza Usa, alla vittoria del populismo e del sovranismo in Italia. Senza intervenire, Coe sa entrare nel vivo delle questioni che dividono gli inglesi e, dando voce alle due parti in conflitto, facendole collidere, suggerisce una chiave di lettura interessante della Brexit.
Ancora più incerto e discutibile l'atteggiamento di Doug, che cerca di convincere Coriander a ritirare la sua accusa contro Sophie, ma poi, di fronte al suo rifiuto, giunge alla conclusione che la propria generazione sia fin troppo moderata e che quello della figlia sia un esempio di coerenza da seguire. Meno male che, per una eterogenesi dei fini che lo scrittore sa manovrare con sapienza, da una lezione sbagliata Doug sappia ricavare una scelta giusta, visto che rompe gli indugi e va ad aggredire verbalmente Ronald Culpepper, ex compagno di scuola, divenuto un nazionalista fanatico che sta tessendo un’oscura trama di aggressioni contro i politici tiepidi nei confronti della Brexit, tra i quali Gail, la nuova compagna di Doug stesso, e rischia così di provocare altri lutti e altre morti, dopo quella della parlamentare Jo Cox.
Dunque Coe sembra ritrarre una generazione fatta di uomini e donne o ostinati e ciechi, o deboli e fragili, che avrebbero gli strumenti culturali per guidare la nazione, ma non ne sono all'altezza. Anche Ben, piccolo Oblomov in salsa inglese, galleggia nello spazio di solitudine in cui si è rinchiuso, continua a vagheggiare l’amore giovanile per Cicely, è protagonista grottesco di improbabili avventure erotiche, amante di abitazioni lontane dal caos urbano, vecchi mulini ristrutturati, preferibilmente sulle sponde di un fiume, tiepido e distratto spettatore delle vicende politiche. Eppure, inaspettatamente, proprio in lui si manifesterà una ribellione personale e privata alla piega che ha preso la storia. Convinto dal suo vecchio insegnante di lettere, fonderà una scuola di scrittura in Francia, dove andrà a vivere con la sorella Louis. Non a caso la chiamerà "La banda dei brocchi".
Un’alternativa alla Brexit dunque esiste: si chiama Europa, superamento dei confini nazionali, apertura non solo mentale, ma anche fisica, al di là degli angusti confini di una nazione che ha deciso, di fronte alle sfide della modernità, di chiudersi in se stessa. Il fatto che Coe abbia saputo frustare a sangue, con quel suo stile medio, ma facendo parlare i fatti e i dialoghi, incisivi e serrati, gli stessi fautori del ” remain”, non vuol dire che condivida le tesi isolazioniste. Come tutti i grandi scrittori, sa vedere contemporaneamente i diversi lati di una questione, riconoscerne la complessità, e continua a coltivare una sorta di sogno cosmopolitico, senza per questo imprecare contro il “popolo bue” che “vota male” alle elezioni e ai referendum. La stessa ambivalenza è racchiusa nella scelta di Benjamin di lasciare l'Inghilterra: resta in lui un legame fortissimo con la patria e con le sue tradizioni, simboleggiate, non a caso, data la sua passione per la musica, da una canzone popolare della vecchia Inghilterra che la madre morente gli aveva chiesto di cantare con lei.
La struttura è simile a quella dei grandi romanzi di Coe, ma l’accostamento di materiali linguistici eterogenei e il conseguente continuo mutare della voce narrante e dei punti di vista qui è più limitato e rappresentato da lettere, documenti politici e, in modo particolare, da un lungo monologo interiore, senza punteggiatura, di Ben, una sorta di bilancio conclusivo della sua vita di uomo, di scrittore e di amante, appagato in età matura da un rapporto sui generis ed inaspettato, e dalla pubblicazione del suo romanzo, ovviamente imperniato su Cicely. Scrittore di un unico libro, amante di un unico amore.
C’è da chiedersi perché la storia recente d’Italia, non meno interessante di quella inglese, tutt'altro, non abbia ancora trovato uno scrittore capace di raccontarla con la stessa passione civile. Forse i nostri autori preferiscono il racconto “indiretto”, sovente in chiave antropologica, delle vicende nazionali. Eppure nella nostra tradizione ci sarebbe, mutatis mutandis, il modello di Dante a cui attingere.
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Non ho letto nulla del noto autore, però m'incuriosisce.