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Nel cuore della tempesta
Metà Anni ‘90, un serbo e un albanese, Milos e Arsim, l’ uno studente di medicina, l’ altro di letteratura, due corpi e due anime, l’ incontro in quel caffè scritto nel proprio destino.
Dovrebbero essere nemici ma tutto improvvisamente cambia, il respiro della vicinanza e il contatto fisico cancellano la distanza per farsi essenza, tra loro una condivisione totale e la sensazione di non essere come gli altri.
Arsim sente che il proprio sentiero è diviso, prima e dopo Milos, una vita che finora è stata un dettaglio insignificante, non si è mai sentito così bene e al sicuro come con lui.
Eppure tra loro prevale il non detto e forse sarebbe stato preferibile non sapere nulla l’uno dell’altro, l’ impossibilità di qualsiasi idea di un futuro a separarli, la famiglia, i figli e la guerra alle porte, strade invase dalle truppe serbe con i fucili d’assalto, file di carri armati e veicoli militari a Pristina.
Quell’ estate finirà presto, rimarrà incessante il pensiero dell’altro e il desiderio di vivere altrove, mettersi in salvo, sopravvivere alla carneficina, di essere inghiottiti dalla guerra, ignorando un matrimonio combinato e senza amore.
L’ atrocità bellica li segnerà per sempre e ne cambierà il volto in un altrove che conserverà la memoria della propria ignominia e delle atrocità commesse con un’ idea svanita nel nulla, il passato irrecuperabile coperto dalle macerie di un tenero e amabile ricordo, un amore fugace durato il soffio di un’estate sepolto nella crudeltà della violenza al cospetto di un corpo pochi anni dopo sfiorito e smunto e di una mente rapita per sempre, mentre la vita ha deposto i propri sogni giovanili facendosi insopportabilmente molesta.
E allora quale presente e futuro, sempre che ve ne sia uno? La fine della guerra non significa nulla perché la vera guerra inizia con la fine dei combattimenti, con lo scompiglio in cui è stato trascinato un intero paese, Arsim verrà travolto dall’epilogo della propria famiglia, ridotto a niente dopo essere stato così tante cose, uno studente, uno scrittore, un padre, un marito e un compagno e improvvisamente così poco, niente.
La scrittura un sibilo salvifico, il solo, a racchiudere la propria essenza, tutto il resto svanito, nebuloso, perso per sempre.
E allora il tempo si fa importante solo quando lo si è perduto, la sofferenza dell’ altro è anche la propria e quella di un intero paese.
Pajtim Statovci ( 1990 ), giovane scrittore Kosovaro emigrato in Finlandia all’ età di due anni con la famiglia in fuga dalla guerra, scrive un romanzo intriso di realismo ma estremamente poetico, crudelmente esposto e amabilmente fragile, commistione di forza, destino, passione, crudeltà, desiderio, con una scrittura intensa, viva, che richiama a se’ il potere delle parole e tutti i connotati della buona letteratura.