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4 vite, 4 buone ragioni per leggerlo
La mole è notevole, quasi 1000 pagine complessive, ma in fin dei conti pensando che vengono narrate le vicende di quattro differenti vite alternative della stessa persona, il giovane Archie Ferguson, si tratta di una lunghezza accettabile (“identici ma diversi, ovvero quattro ragazzi con gli stessi genitori, lo stesso corpo e lo stesso corredo genetico, ma che vivevano ognuno in una casa diversa in una città diversa in circostanze a sé stanti“). Soprattutto considerando che le ragioni per affrontare questa fatica letteraria di Paul Auster sono sintetizzabili almeno in quattro, proprio come le vite di Ferguson.
La prima di queste può essere rappresentata dal piacere di leggere un romanzo (parzialmente) autobiografico nel quale si trovano le origini ebraiche dell’autore, storie che si dipanano lungo “i luoghi del cuore” dello stesso Auster: la città di Newark ed i suoi sobborghi, nel New Jersey, dove è nato ed ha vissuto parte della sua vita, l’onnipresente New York dove tuttora risiede. Auster si diverte a mescolare le carte, le situazioni, le vicissitudini dei personaggi principali come Ferguson, i suoi i genitori, i parenti e l’onnipresente Amy, disegnando per le loro vite traiettorie e varianti che potrebbero confondere il lettore ma allo stesso tempo solleticarlo a prendere appunti per non perdere il filo della narrazione.
La seconda ragione sta nel fatto che la (turbolenta) storia americana del XX° secolo ed in particolare gli anni '60, la guerra del Vietnam, la contestazione politica studentesca nelle università, gli scontri razziali, le proteste di strada, sono altrettanti protagonisti di questo libro. Auster non lesina critiche nel rappresentare con obiettività la crisi politica di quegli anni di cui i suoi personaggi sono pienamente consapevoli (“Ferguson e i suoi amici si rendevano conto di vivere in un mondo irrazionale, in un paese che assassinava i suoi presidenti e legiferava contro i suoi cittadini e mandava i suoi giovani a morire in guerre senza senso”).
La terza ragione consiste invece nell’importanza che la letteratura e la scrittura assumono nel libro. Sono presenti pagine e pagine con elenchi di libri e autori da leggere, oppure letti dallo stesso Ferguson, classici e non, che sembrano assolutamente vitali per riuscire a sviluppare un’identità ed una coscienza morale e civica. Inoltre, in tutte queste mille pagine, emerge l’importanza assunta dalla scrittura per lo stesso Ferguson-Auster. Scrivere diventa una necessità quasi come si trattasse di respirare ed il destino del protagonista pare ineluttabile (“la verità era che non aveva scelta, il suo destino era scrivere o morire, perché nonostante le fatiche e l’insoddisfazione per le pagine inerti che spesso produceva, scrivere lo faceva sentire vivo come non mai”).
La quarta ragione per leggere 4321 infine, riguarda il cinema che è ugualmente e degnamente riconosciuto nella sua grandezza. Tante sono le pellicole citate, così come i pomeriggi passati da Ferguson davanti al grande schermo. E tra i tanti film nominati trova degno spazio anche la "Corazzata Potemkin", alla quale vengono dedicate alcune pagine epiche, richiamando alla memoria sequenze immortali (di fantozziana memoria) come ad es. quella della carrozzina col bambino lungo la scalinata e il celeberrimo occhio della madre: “Fu insopportabile guardare la madre abbattuta dai soldati dello zar, insopportabile guardare l’uccisione della seconda madre e l’atroce viaggio della carrozzina per le scale…”.
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Questo libro non mi attrae perché penso che la casualità probabilmente non esista.