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Il blues, espressione dell’inquietudine americana
“I went to the crossroad, fell down on my knees
I went to the crossroad, fell down on my knees
Asked the Lord above, "Have mercy, now, save poor Bob if you please" ”
Così inizia il testo di Crossroad Blues di Robert Johnson, cantante afroamericano, uno dei più grandi interpreti del blues, genere che trae origine e ispirazione dai canti degli schiavi neri dell’America coloniale.
Non a caso “Crossroads” è il titolo dell’ultimo lungo romanzo di Jonathan Franzen. Con questa definizione si riunisce il gruppo giovanile della comunità di New Prospect, Chicago, sotto la guida del Pastore Rick Ambrose, con l’intento di superare e risolvere con fraterno aiuto reciproco le tensioni e le ansie di ciascun membro. E’ in questo crocevia di esperienze che si rivelano i conflitti interiori più drammatici di ognuno. E’ su questo sfondo che deflagrano i contrasti più aspri maturati all’interno della famiglia del Pastore Russ Hildebrandt. Ritorna, dunque, la magistrale abilità di Jonathan Franzen nell’ analizzare le crisi esistenziali e sociali della famiglia borghese americana, come già avvenuto nello splendido “Le correzioni” e successivamente in “Libertà” e “Purity”.
Il romanzo è diviso in due parti, la prima “Avvento” si concentra sulle aspettative di ogni singolo membro della famiglia Hildebrandt, aspettative spesso deluse e tradotte in ansie struggenti. Ogni personaggio rivela qui i suoi limiti, dal padre Russ, colpito in età matura da una passione irresistibile per una giovane parrocchiana, alla madre Marion, debole eppure forte nella sua consapevolezza di aver vissuto fin lì una vita trasgressiva e peccaminosa, ai quattro figli, Clem, Becky, Perry e Judson, ognuno dei quali esce da un’infanzia felice vissuta nell’ammirazione di genitori apparentemente impeccabili, per entrare in un’adolescenza e una giovinezza che non risparmiano loro la disillusione dovuta a una naturale presa di coscienza dei limiti e delle fragilità degli esseri umani. Crescere vuol dire anche cambiare prospettiva, iniziare un cammino verso l’accettazione delle debolezze altrui, in nome di un amore che non ha nulla di superficiale. I bambini vedono i genitori come una specie di eroi, attribuiscono loro forza fisica e morale, ignari della delusione che proveranno il giorno in cui, ormai adulti, li vedranno nella loro dimensione reale.
La seconda parte è intitolata “Pasqua”, con un esplicito riferimento ad una sospirata resurrezione spirituale dopo la dolorosa discesa agli inferi.
Tutto il romanzo è pervaso dal frustrante senso di colpa che ciascun personaggio alimenta nel proprio animo, consapevole dei propri peccati e delle proprie colpe. E’ l’eredità dell’educazione puritana di certi ambienti medio borghesi della società americana, che trovò già espressione ne La Lettera Scarlatta e The Birhmark di Hawthorne. E’ costante la presenza del sentimento religioso come necessità di purificazione attraverso il pentimento e l’espiazione. Ciò implica, di conseguenza, la difficoltà di ricomporre un nucleo familiare drammaticamente separato dagli eventi. La conclusione al lettore, secondo la sua sensibilità e la sua logica individuale.
Un romanzo molto bello, che non trascura l’aspetto sociale e politico degli anni settanta, la guerra in Vietnam, L’affare Watergate, la condizione degli indiani Navajo nella mesa, lo sfruttamento indiscriminato e criminale delle miniere di carbone, il problema della droga. Grande spazio è concesso all’amore, amore sincero, amore come inganno, amore fraterno e materno, amore come puro piacere. Un romanzo che coglie quasi tutti gli aspetti della vita il cui corso è lungo e doloroso.
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Non conosco Franzen ma sembrerebbe che esistano affinità con Roth autore che ho amato tanto.
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Non conosco Franzen ma mi pare di capire ci siano comunanze con Roth autore che ho amato molto.
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La tua interessante e accurata recensione mi ha incuriosito parecchio. Pensavo che l'autore avesse una scrittura particolarmente cruda ma , a quanto affermi, non pare proprio, almeno in questo libro. Ne sono pertanto assai incuriosito. Il titolo va quindi subito in lista, benché si deduca dalle tue parole che si tratta di un testo voluminoso.