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Uno dei must read.
ATTENZIONE! RISCHIO SPOILER!
Recensione basata sul libro di Fëdor Dostoevskij: Delitto e Castigo.
Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821; il padre, un medico russo, un uomo molto dispotico e intransigente. La madre, invece, fu una donna più accostevole, che avrà sempre cara in cuor suo. Insegnerà lui, -già in piena fanciullezza- le letture di Puskin quelle religiose della Bibbia, in quanto questi era una credente ferrata.
Dostoevskij non nasce già come un letterato, anzi, egli dapprima apprende studi concernenti l'ingegneria militare -imposti dal padre- ma che non vanno a buon esito. La passione per le letture, la fragilità di una famiglia rumorosa e disgregata, la morte -l'omicidio, o l'apoplessia- del padre, il repentino evento di epilessia, - il quale accompagnerà Dostoevskij per l'intera vita- la curiosità smodata di osservare attorno a sè la natura umana; connotano una delle personalità letterarie più sature, imperdibili e imprinte nella storia della letteratura russa, ed europea, internazionale.
La vita di Dostoevskij è segnata altresì da un altro evento cruciale: la mancata fucilazione al plotone d'esecuzione, grazia concessagli dallo Zar Nicola.
tale evento, comporta il trauma di scatti epilettici. Egli fu accusato di cospirazione per aver preso parte ad una società segreta, deleteria nei riguardi del governorato; in effetti, Dostoevskij non era un membro fisso dei raduni, ma solo un ascoltatore qualsiasi che andava a crocchio con altri. Ciò nonostante, si ritrova prigioniero nel penitenziario dei santi Pietro e Paolo, quando d'improvviso un soldato lo desta mentre il detenuto si ritrova ammantato da una calda coperta: -Per non aver denunciato, dunque non aver collaborato e inoltre, peccato di reticenza alla disvelazione dei nomi dei cospiratori!- ... ivi, il rullo di tamburi sortirà la vita dell'autore, che tra meno di cinque minuti verrà accoppato, senza obiezioni. Già summenzionato, una manna piomba dall'alto: è la liberazione dall'uccisione efferata, pari tempo è la condanna obbligatoria ai lavori forzati in Siberia; Omsk, il nome della città cui egli non potrà mai lavare via dalla pelle, dalle mani stanche, dalle vene varicose, e dal viso -Dostoevskij si profila così- emaciato, pressoché tisico. A seconda dei gradi, ai condannati venivano affidate le categorie: miniere, fortezze o fabbriche da sbrigare.
Quando si crede che la vita di un autore non influenzi le proprie vicissitudini, non si crede sbagliato, poiché possono esservi alcuni stoici che braccano le proprie incontinenze emotive costruendo immaginari fittizi, per imbastire una realtà quasi comoda, o più compenetrante ai propri ideali, più saporita, più sporca, più speziata; Dall'altra sponda vi sono coloro che vogliono tornire la propria definizione di vivere figurandosi storie tanto meste quanto la loro stessa esistenza, addirittura riportare posti, sensazioni, filosofie apprese lungo la via.
Non è di certo la prima volta che tocca il fondo, durante la prigionia riesce ad ergersi e a sottostare alle stentoree ingiunzioni; è acquiescente, tacito. Un uomo dagli occhi scavati, penetranti, dal viso un po' giallognolo malaticcio, dalla fronte solenne. Tant'è che con l'intercorrere degli anni, l'iride dello scrittore diverrà quasi ipertrofica.
Ma cos'è che nasce in Dostoevskij? perché oggi è ritenuto come la quintessenza dei classici da non perdere d'occhio? chi è, in effetti costui?
Inverosimilmente, egli pasce un sentimento di compassione per l'animo umano, o meglio dire, gli esseri umani. Si crede folle per narrare di essi, scrutarli, esasperarli e raccontarli attraverso iridate sfumature di umano mistero. Egli prova curiosità e quasi un patriottismo per questo 'mistero' poiché anche egli è un uomo. E' la sua missione, e ci impiegherà l'intera vita per spiegare a sè stesso e noialtri, il mondo. Rintuzza qualsivoglia titolo di nobiltà, per dedicarsi alla campestre e stentosa vita da scrittore, si autoproclama come proletario della penna, rammenta la memoria di Puskin e Gogol raccapezzandosi della laboriosità di questi, malgrado l'apporto di una vita connotata da miseria e fame. L'irresolutezza tra obiettivo e necessità, oscilla; egli ha bisogno di denari, ma sviluppa una certa avversità per gli accumulatori, i mercanti, e i borghesi.
Egli preferirà donarli ai poveri, ai mendici, o sfortunatamente precipitare nel vizio debosciato del gioco d'azzardo; tale da appunto, diventare un romanzo ''Il giocatore.''
Ma '' Povera gente'' raffigura la decisione di dipingere la vita degli infelici, quei tapini disgiunti dagli sfortunati. Un povero può essere opulente di sentimenti nobili, ma nella miseria, invece, spetta la più sbieca disperazione umana, ostile ed infedele a tutto quello che possiamo ricondurre all'umanoide. La versione dei romanzi scritti, non è assolutamente divaricata dall'esperienza empirica e sensibile dello scrittore. Cristallizzandoci su Delitto e Castigo, non potremmo assolutamente non dare uno sguardo ai cenni autobiografici dell'autore, commutato dall'effigia del protagonista: Raskolnikov, uno sparuto studente universitario, che fatica a pagarsi l'università e l'affitto, tanto da eludere sempre dai grossi problemi incarnati in persone: La padrona di casa, la vecchia usuraia, e l'evanescente, inciuccata gente di San Pietroburgo. Nasce il tema dell'alienazione, della sofferenza ormai già messa alla berlina su un patibolo ben visibile, ritroviamo un protagonista tetro, fuggente, malnutrito che si astrae derelitto da qualsiasi affetto familiare; pari tempo è una persona ben profilata, che bighellona nelle meste visioni di questa città fantasma, laddove si ritrova faccia a faccia con vecchi ubriaconi come il signor Marmeladov, il quale usurpa dei soldi di Sonjia; sua figlia. Sonjia rassomiglia ad un angelo biondo, raggrinzito dalla via, o dal tesserino giallo che testimonia un'urgenza, o dagli scossoni di Katerina Ivanovna, moglie di Marmeladov, che morirà gravemente di tisi, dopo essere stata cacciata dalla bettola in cui viveva assieme i suoi piccoli. Terribile, raggelante sono i molteplici episodi che Dostoevskij riporta, dagli strepiti dei bambini che vengono percossi da una madre alla luce fuori di sé, all'umiliazione dell'elemosina in pubblico di bimbi vestiti in costume e una donna che si scaglia contro quelli dall'orpello costoso, che come cariatidi sembrano essere impassibili. Raskolnikov, sovente sembra dissociato al cospetto di queste tribolazioni. Tace, ed è riflessivo quasi come presente nella sua assenza compendiata in silenzi, sguardi bui, labbra interrate. Al suo fianco, Razumichin 'razum' ossia, ragione, il suo più grande amico goliardico, giulivo e spigliato, è lui che da brio alla narratio. Appresso la madre -ingenua, credente e follemente legata al figlio- e la sorella, donne dilaniate dalla condizione del fratello e figlio, sono per niente servili, sono due co-protagoniste gremite di caparbia, tanto da discacciare il ricco, supponente, altero Luzin, -un uomo che cerca di irretire attraverso il bottino, le richieste perentorie dal tenore austero le due donne- promesso sposo di Dunjia. -sorella di Raskolnikov-. "il nero serpente dell'amor proprio ferito gli aveva succhiato il cuore tutta la notte!.."
Appare curioso invece, il personaggio di Svidrigailov, reduce dell'omicidio di Marfa Petrovna, ex moglie che apparirà nei frangenti meno rilucenti dell'uomo. Egli, parla di fantasmi, come onirico, esoterico " I fantasmi sono, per così dire, brandelli e frammenti di altri mondi"... un uomo sano non ha motivo di temerli, perché mondano, terrestre, s'adagia alla vita di ogni giorno (potremmo dire l'uomo comune, come medita Raskolnikov) ciò nondimento, l'uomo incrinato è intieramente sommerso all'interno di una cavità malata che affluisce poi, si scapicolla in un altro mondo (quello dell'uomo fuori del comune, probabilmente) Ergo dunque, Svidrigailov è un uomo empio, malvagio da come ne viene contrassegnato, eppure durante tutto il romanzo non fa altro che condonare denaro, autoflaggellarsi come una putre d'uomo, e addirittura aiutare una bimba che ritrova all'interno di un albergo fuorimano nei pressi di corso Bol' soj. Ma costui è un mero personaggio da romanzo (come asserisce onnisciente lo scrittore) è scaltro, parla di adulazione, è un omicida, è perverso. Eppure, Raskolnikov che aborrisce al solo pensiero di esser come questi, coabita, assieme a Svridigailov in una dimensione permeata dagli incubi. Gli incubi della vita reale, durante la prigionia, vengono traslati nel romanzo. Lo stato di profonda afflizione da suicida, è un incentivo per scrivere, il deliquio semicosciente istiga, fomenta la sferza della penna sul foglio: Così come Raskolnikov compie un delitto per ribellarsi dalla società, viene subito castigato da quest'ultima per essersi dimenato, per essersi incattivito, e aver ucciso con una scure un solo "pidocchio" antiquario, avido. Il castigo di essere offuscato in una cortina di bruma, di essersi raggricciato in una penitenza solinga e scavezzacollo; di nuovo l'alienazione, non i sensi di colpa, o rancori, bensì l'irreversibile condanna dell'anima. Gli uomini fuori del comune sono addirittura incentivati, hanno il diritto a delinquere per scavalcare la strada impasse, per dire qualcosa, per salvare l'umanità. Fa l'esempio di molti eruditi, ormai spiriti, rivoluzionari storici e filosofici: Newton, Keplero, Napoleone, Maometto... nel contesto storico, questi hanno trasgredito alla legge antica, per dar vita ad una legge nuova (hanno scomodato la società, l' hanno irrisa) comportando anche delle uccisioni, che han constato una legge di natura che ha permesso il progresso, sbaragliando il morale e costruendo una storia. Uomini fuori del comune, introvabili, pochi come rari, i quali non vengono onorificati e nemmeno riconosciuti da terzi. Di nuovo, il realismo del romanzo è agglutinato alla condizione psicologica dell'autore: appare scardinante anche la questione aperta da Lebezjiatnikov: la parità della donna dinnanzi l'uomo, che innovativa e contemporanea, precorre un taboo oggi ancora straniato dal gergo di molti uomini. Egli discorre della legalità del matrimonio, di adulterio -adempiuto da ambo le parti, in soldoni- e di quanto il primo può sembrare una manfrina per un socialista, è dunque favorevole al secondo, in quanto il 'misfatto' può foggiarsi come una rivoluzione al pregiudizio. Dare dunque parità ad un individuo, a ramengo se uomo o donna. "Se mi sposassi (non cale se matrimonio legale, o libera unione) porterei io stesso un amante a mia moglie. le direi: io ti amo, ma ancor più desidero che tu m stimi..."
Lo spettro della città, le strade pietroburghesi, i vagiti dei posti che Dostoevskij cela abbreviandoli, gli abitanti e i suoi mali, i suoi reietti, i suoi modesti lavoratori, gli ubriaconi bislacchi, gli sciamannati poveri in canna, i bliny, il tè, la vodka, gli indumenti stracciati, logori, rescisi, le bettole copiose di ratti, la tana del ragno del protagonista ampliano l'immaginazione del lettore, il quale si cala con occhi e voce interiore lungo le righe sdrucciolevoli le proprie percezioni, che scientemente vagolano qua e là, senza ah e oh.
Dall'abisso straziato, dalla nerezza di eventi funesti, dai miraggi utopistici, i rovelli, la confusione del protagonista, a palmo a palmo accorriamo al fine. Ovverosia, quanto più ci si defenestra a scapicollo, si corre a piedi nudi e secchi su un declivio sporgente, ci si inzacchera di fanghiglia fino all'orlo dell'ultimo crine, si trasecola anche il viso più rubicondo si giunge ad una conclusione che dapprima per nolenza, per stizza, per peccato si ricusava; la salvezza. La redenzione, la Fede - D. In siberia, portò con sè la copia del vangelo- l'amore -or ora lacrima per Sonja, le sue idee, i suoi pensieri diventano i suoi, i suoi abbracci diventano i loro intrecci di dolore e assoluzione- verso un'espiazione, una libertà; 7 anni come 7 giorni -un anno lo sconta grazie al ricorso di Razumichin in tribunale- la cura dello sguardo, della devozione, del lavacro di un amore che avverrà tra un'attesa e l'altra, tra una visita o due. Si riconobbero, finalmente nel loro stesso morbo: due visi pallidi, smunti, sfiniti. Due occhi incavati, due cuori gracili che incontratisi lungo un anfibio crocevia, finalmente si sono guardati e poi agguantati con le iridi dilatate. Amore come una crociata, una sciabola che smette di urtare e dare staffilate continue. Raskolnikov ripagherà le sofferenze di Sonja, aggranfiata da un passato di stille, strida sommesse di dolore intrattenibile, veemente. Egli sconterà la iattura con una falcata slombata, ma un cuore prono atto a preludere un nuovo mondo, estraneo, intemerato, pur sempre umano
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Un'interessante recensione con utile contestualizzazione biografica.
Un grande libro di uno scrittore grandissimo. Mi è venuta voglia di rileggere suoi romanzi che ho molto apprezzato, fra cui questo.