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L'illusione alimenta
Le illusioni non si mettono a tavola, non pagano i conti, non gonfiano i portafogli. Eppure cosa sarebbe la vita senza sogni, senza speranze, senza l'eterna attesa di quell'evento capace di stravolgere in meglio l'esistenza? A casa del Colonnello non passa giorno in cui le illusioni non vengano messe sul banco degli imputati. Da una parte l'accusa: "l'illusione non si mangia" afferma la moglie, spossata da un'asma nervosa, stanca di vendere i pochi oggetti che arredano la casa per comprare lo stretto indispensabile per vivere, di sentire l'ipoteca gravare pesantemente sulle loro teste, di essere aggredita dai morsi della fame mentre mette "a cuocere i sassi per far sì che i vicini non sappiano che da molti giorni non abbiamo niente da mettere in pentola". Dall'altra la difesa: "non si mangia, ma alimenta" ribatte l'uomo che ha lottato al fianco del leggendario Aureliano Buendia e che da quindici anni attende, ogni venerdì, puntuale, inesorabile, granitico, la lettera che affermi il riconoscimento della sua pensione di guerra. Ma puntuale, inesorabile, granitico, ogni venerdì l'impiegato gli fa sapere che non c'è posta per lui, che dovrà riprovare il venerdì successivo, che "nessuno scrive al colonnello". Ma l'ennesima delusione non scalfisce la speranza del veterano, che torna dalla consorte sicuro che ci sarà da aspettare soltanto un'altra settimana. Una volta a casa si dedica alle cure dell'altra sua illusione, il gallo: un bellissimo e maestoso esemplare da combattimento lasciato in eredità dal figlio Augustìn, sarto, appassionato di combattimenti, oppositore clandestino della dittatura colombiana crivellato di colpi proprio a causa della sua attività sovversiva. Nell'aitante pennuto il Colonnello ripone la certezza di esaltanti e remunerativi successi che possano tamponare la disastrosa situazione economica, in attesa dell'agognata pensione. Intanto però l'animale è una bocca in più da sfamare, anzi spesso ha la precedenza sull'anziana coppia, finché la domanda che era nell'aria da tanto, troppo tempo, non viene alla luce: vale la pena continuare a nutrirlo per seguire una chimera oppure è meglio venderlo per eliminare questa sorta di tassa piumata e guadagnare qualcosa per tirare avanti ancora qualche mese? Sullo sfondo una Colombia gravata dal peso della dittatura, dove a fame, miseria, assenza di opportunità si aggiungono coprifuoco, censura, propaganda e soppressione dell'opposizione, in un autunno piovoso, umido, grigio come un futuro senza speranza. E allora, in una situazione come questa, in cui nubi plumbee coprono il cielo e offuscano l'avvenire, è il caso di abbandonare anche l'ultimo barlume di illusione? “Il colonnello capì che quarant’anni di vita in comune, di fame in comune, di sofferenze in comune, non gli erano stati sufficienti per conoscere sua moglie. Sentì che qualcosa era invecchiato anche nell’amore.”
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E' da parecchio che non leggo latino-americani. Ho provato a rileggere "Cent'anni di solitudine" , tanto apprezzato in gioventù, ma ho dovuto gettare la spugna. Ora i miei interessi letterari si orientano altrove, preferibilmente verso Nord. Pertanto, al momento anche il libro che hai presentato deve essere accantonato.