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Senza rimpianti verso il passato, senza sogni per
SENZA RIMPIANTI VERSO IL PASSATO, SENZA SOGNI PER IL FUTURO
“Erano i primi giorni di guerra, quando ci si dispera per tutti i caduti e si piange per tutti quelli che partono. Più tardi, ahimè, ci si farà l’abitudine. Si penserà a una persona soltanto, al proprio congiunto. Ma all’inizio di una guerra il cuore è ancora completamente puro, non di pietra.”
Rispetto alle altre letture dell’autrice affrontate finora, “Il ballo”, “ Il malinteso”, “David Golder”, “Il vino della solitudine”, “ in quest’opera, non solo non ho trovato il filone tematico materno/paterno che attinge dallo scrigno autobiografico familiare dell’autrice e che a tratti rende le sue opere ridondanti, ma ho trovato qualcosa di diverso, innanzitutto il finale (che non mi aspettavo, ma non faccio spoiler) e lo sfondo storico, molto più presente, più incisivo e prepotente, anche più del racconto “Come le mosche d’autunno” che pure ho molto apprezzato.
La storia comprende l’arco delle due guerre mondiali, si ambienta in Francia e ha come protagonisti Pierre Hardelot e Agnès Florent, l’uno “era il rampollo delle Cartiere Hardelot di Saint-Elme. I genitori di Agnès erano fabbricanti di birra. Solo un estraneo, qualcuno che non fosse della zona, avrebbe pensato che i due potessero sposarsi”.
Eppure si amavano, anche se Pierre, quando comincia la storia è fidanzato con Simone Renaudin, paffuta e lattea fanciulla che, pur non dimostrandolo apertamente, (scopriremo nel corso degli avvenimenti) era accesa di vera passione per lui e non perdonerà il suo tradimento.
Pierre e Agnès rappresentano la coppia che, nonostante le due guerre mondiali che li separano e lacerano i loro cuori con l’angoscia e il vuoto, trae forza dalla presenza l’uno dell’altra.
Il loro è un amore che, nonostante la passione di gioventù, ha basi su qualcosa di più solido, sin dall’inizio:
“Ma non era il piacere che gli aveva dato a legarlo così intensamente a lei. Era qualcos’altro, qualcosa che traeva origine da una zona più fluida della carne, più calda dell’anima. «Dal nostro sangue» mormorò. «Nasce dal sangue».”. Sono i pensieri del giovane Pierre dopo la prima notte di nozze.
“I doni della vita” è la storia di più famiglie, non soltanto quella di Pierre e di Agnès, ma anche di Simone, che sposerà poi un uomo libertino che la farà soffrire, è la storia anche dei genitori di Pierre, che, all’indomani dello scoppio della prima guerra mondiale illustreranno per primi al lettore i “doni della vita”:
“ma so bene che cosa, nella sua divina saggezza, la Provvidenza intende per felicità. Tante responsabilità, tante angosce, tante prove: insomma, i doni che la vita ci offre, cara Marthe…”
Alla fine dell’opera torneranno ancora questi “doni della vita”, con un’altra consapevolezza e un sapore più intenso, poiché il lettore avrà conosciuto meglio, palpitando per le sorti della coppia, del loro figlio Guy, il carattere dei protagonisti, dei loro slanci, nonostante le brutture delle due guerre mondiali.
La bellezza e la grandezza di questo libro sta nel ripercorrere i sentimenti che ha vissuto la stessa Némirovsky, che purtroppo però, non riuscirà a vedere la fine del secondo conflitto mondiale: l’ansia nell’ascoltare i notiziari alla radio, quella sensazione di sospensione quando non si sa quando lasciare la propria abitazione e quando restare, l’attaccamento tutto borghese (?)agli oggetti preziosi o meno tanto cari, ai propri beni, la propria abitazione…le lacrime di delusione delle giovani donne nel guardare quel bel vestito che non potranno più indossare.
«Già,» disse Pierre «un prezzo così alto non lo si paga due volte».
Ma noi sappiamo invece che non è stato così.
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