Dettagli Recensione
Il tunnel della solitudine
Trovo che questo autore sia troppo sconosciuto e poco letto, e a torto! Scrittore argentino, vissuto per un intero secolo, ha scritto soltanto tre romanzi di narrativa di cui "Il tunnel" è il primo e che esce nel 1948. Intenzionata a leggere "Sopra eroi e tombe", secondo romanzo cronologico ma anche il suo più famoso, ho deciso comunque di partire per ordine complice anche la brevità di questo testo. Non potevo fare scelta migliore.
La trama la si sa già dalla prima frase e si sa anche di cosa parla il libro: Juan Pablo Castel, pittore di fama argentino, uccide Maria Iribarne, sua amante, e si tratta ovviamente di un delitto passionale - lui geloso e paranoico lei donna presumibilmente frivola e incline al tradimento. Scritto in prima persona sotto forma di confessione, il romanzo narra le vicende che hanno portato a tale delitto dal punto di vista del protagonista. E fin qui, un lettore potrebbe dire: storia vista e rivista. E allora perché vale la pena di leggerlo? Innanzitutto perché è un romanzo psicologico e alla portata di tutto il pubblico. Lo stile diretto, schietto, freddo, senza frasi arzigogolate ma nello stesso tempo molto articolato e coerente facilita al lettore la comprensione dei vari messaggi che il libro può fornire, e del quale il delitto passionale è a mio parere solo l'aspetto di intrattenimento della trama.
Già dalle prime battute si ha l'impressione che Castel sia una sorta di Raskolnikov:
"Un individuo è nocivo? Ebbene, lo si liquida ed ecco fatto. Questo è ciò che chiamo una buona azione. Provate ad immaginare quanto sia peggio, per la società, che un tale individuo continui a distillare il proprio veleno (...) uno a volte si crede un superuomo, finché non avverte di essere anche lui meschino, sporco e perfido."
e man mano che la narrazione prossegue, Raskolnikov si trasforma nel protagonista solitario e sognatore di "Le notti bianche" che incontra finalmente per le strade di Buenos Aires l'amore della sua vita ovvero l'unica persona che potrebbe salvarlo dalla sua "isola deserta" e tutto ad un tratto il mondo acquista bellezza. Ma ecco che lei, Maria, oltre che ad essere sposata ad Allende, uomo cieco di dato e di fatto dato che lo inganna, vede forse anche altri uomini e presto il comportamento ossessivo e paranoico di Castel la fa indietreggiare e sottrarsi a lui. Ma anziché ringraziare, per quei brevi attimi sfuggevoli di felicità che Maria gli ha donato, al parti del protagonista dostoevskijano, Castel si trasforma nuovamente in un altro personaggio russo, questa volta di Tosltoj, e in preda alla gelosia accecante e nonostante le incertezze e le infinite ipotesi, uccide l'amata come il protagonista di "Sonata a Kreutzer". Evidentemente a Sabato la letteratura russa piaceva. Ma non solo la russa, anche l'europea. Il primo omaggio chiaro è quella che fa a Kafka. In un sogno, Castel al pari di Gregor, viene trasformato da un mago in un uccello di fronte ai suoi amici e questi non si accorgono di nulla ma continuano a chiacchierare come nulla fosse. Prova allora a parlare e richiamare la loro attenzione sull'accaduto ma anziché parole esce fuori un gracchiare di uccello che gli altri sembrano non udire o non trovare strano. E allora si sente senza alcuna speranza, condannato a portare nella tomba il suo secreto, la sua maledizione. Lo stile di scrittura invece mi ha ricordato molto Camus e Sartre, disilluso, trasparente e sincero fino a fare male, le sue parole simili a bisturi che fanno a pezzi il velo del perbenismo per far vedere la vera natura interiore dell'uomo: artisticamente e diabolicamente malvagia.
Ovviamente quello che Castel prova per Maria non è amore per lei come donna o come persona, nessun amore ossessivo, passionale e delittuoso è amore in questo senso. Castel è un artista, un pittore, e ogni artista attraverso le sue opere mira a essere amato dal suo pubblico, non da tutti ovvio ma da una parte si. Amato nel senso di essere capito di non sentirsi il solo ad avere certe idee, pensieri, e sfortunatamente per lei, Maria è l'unica a capire un suo quadro, l'unica a notare un dettaglio insignificante ma di grande rilevanza, allora tutto questo bisogno dell'artista di riconoscenza, di amore da parte di un pubblico viene concentrato unicamente su di lei in una scala di proporzioni decisamente insostenibili. Infatti l'epilogo è quel che è. Castel che uccide l'unica persona che lo ha capito, che ha apprezzato la sua opera e che in un certo senso metaforico è anche un atto di suicidio. Infatti ad un certo punto nel romanzo, Castel partecipa a una conversazione mondana in cui si disquisisce sul romanzo giallo e nella quale un suo presunto rivale, Hunter, propone l'idea di una parodia del romanzo giallo al pari di "Don Chisciotte" sui romanzi cavallereschi, dove l'assassino dopo aver sterminato l'intera sua famiglia finisce per suicidarsi.
C'è molto in queste centocinquanta pagine, tanto altro che un lettore qua e là scoprirà, molte metafore, simboli, c'è molta introspezione dell'animo umano, cupo, meschino e pieno di ossessioni. Uscito nel 1948, poco dopo la fine della seconda guerra, Sabato rende omaggio anche a quel tragico evento storico, come un fiore che depone sulle fosse comuni degli ebrei e sulla loro memoria. Lo fa molto sottilmente, che passa quasi inosservato come il dettaglio del quadro: in due occasioni fa riferimento a una storia: un ebreo in un campo di concentramento che a una sua lamentazione di avere fame, viene obbligato a mangiare un topo vivo. Per sottolineare e accusare ancor di più l'orrore, Sabato aggiunge "se ci sarà l'occasione, aggiungerò qualcosa sulla storia del topo". Un pugno.
Libro imperdibile e non vedo l'ora di proseguire con "Sopra eroi e tombe".
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