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Il malinteso
 
Il malinteso 2021-07-09 19:59:29 archeomari
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
archeomari Opinione inserita da archeomari    09 Luglio, 2021
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La felicità lascia l’amaro in bocca

Sorprende sapere che questo romanzo breve sia stato il primo scritto dell’autrice: aveva vent’anni. Sorprende non soltanto per lo stile già riconoscibile, con i suoi affondi, con il suo rapido tratteggiare i personaggi in maniera efficace, ma soprattutto per la lucida consapevolezza dei rapporti umani, per la disillusione nei confronti dell’amore, che raramente si riscontrano a quella età.

“Il malinteso” è la storia dello smantellamento di un amore nato in vacanza, sulle spiagge di Hendaye, in terra basca: ambientazione familiare nelle opere più tarde, ma anche località dove la stessa autrice passava le sue estati con il marito e le figlie.
Non si tratta della solita storiella estiva, “mordi e fuggi”: lei sposata ad un uomo ricco che stravede per lei, da cui ha avuto anche una dolce bambina, e lui giovane e aitante rampollo caduto in miseria. Colpo di fulmine, passione nata e bruciata nel giro di qualche settimana.

No, non sarebbe un’opera della Némirovsky. Ne “Il malinteso” , l’autrice tesse saggiamente il momento il cui Yves Harteloup, giovane in vacanza, spensierato del quale “tutti i piaceri e tutte (le sue) preoccupazioni dipendevano dal tempo” mette gli occhi addosso alla graziosa Denise, che sta giocando in riva al mare con la figlioletta Francette. Scopre subito che Denise è moglie del facoltoso signor Jessaint. Lui se ne innamora subito o forse si innamora di ciò che prova per lei, lo capisce da quell’ansia particolare quando, dopo aver condiviso con lei tutte le mattine in spiaggia con la piccola, - il marito era lontano per affari - non la vede arrivare.

“Forse fu per questo che, non appena la perse di vista tra la folla dei bagnanti, Yves provò una lieve, del tutto fugace, sensazione di angoscia – uno di quei piccoli dispiaceri che stanno ai grandi dolori come una puntura di spillo sta alla ferita inferta da un coltello”.

Yves era un giovane a cui non facevano difetto rapide avventure amorose, “era nato nel 1890, in piena fin de siècle, epoca d’oro in cui a Parigi c’erano ancora persone che potevano permettersi di non fare niente, in cui si assecondava il capriccio con applicazione e il vizio con orgoglio”.
La loro storia scorre placida fino a quando dopo le vacanza estive, di ritorno in città, lei lo trova cambiato: non è più il giovane sollecito e appassionato che aveva conosciuto, ma lo vede stanco, trascurato, nonostante quando esca con lei vesta sempre in maniera elegante.

Cosa è cambiato?
È cambiata la vita del giovane, è caduto in miseria, è costretto a lavorare e lo stipendio non gli basta per soddisfare il bisogno del superfluo che non l’ha abbandonato.
Interessante questo piccolo spaccato della vita degli impiegati che ci offre la Némirovsky, specchio anche di una società che cambia e i vecchi rampolli decaduti abituati al dolce far niente, non riescono ad apprezzare l’onestà del lavoro:
Entriamo nello studio con Yves:
“Il ticchettio delle macchine per scrivere, l’odore dell’inchiostro... La nuca dolorante, le spalle ingobbite, le palpebre pesanti... Sfilze di cifre incolonnate che aumentano sempre... Una pila di lettere che non si esaurisce mai, come il leggendario sacco d’oro dei coboldi, gli spiritelli della mitologia nordica – un sacco che bisognava vuotare e riempire senza sosta, per migliaia e migliaia di anni, come punizione per aver sorpreso il vecchio Reno mentre giocava al tramonto con le pagliuzze d’oro delle onde... Quelle facce, sempre le stesse, di impiegati diligenti chini sulle loro scartoffie...”.

E Denise?
Lei è preoccupata solo di farsi bella, di pensare a cosa indossare per uscire con lui, è completamente cieca ai bisogni e alle necessità di lui. Stessa cosa dicasi per Yves: due egoismi che non hanno spazio per la comprensione, completamente ciechi, presi soltanto dalle proprie necessità. La necessità di sentirsi amata e corteggiata di Denise, la necessità di riposare (e anche risparmiare) di Yves.
“La loro relazione, insomma, gli rendeva solo la vita più faticosa. Bisognava essere affettuosi, innamorati e ardenti a ore fisse; preoccupato per le mille noie quotidiane che lo assillavano come mosche in un giorno d’estate, gli toccava dire frasi gentili, sorridere, accarezzare; mentre l’emicrania lo tormentava(…)”

La sollecita mamma di Denise apre gli occhi alla figlia:

“Prova a immaginare, per esempio, il diverso stato d’animo con cui arrivate ai vostri appuntamenti... Tu, la cui unica preoccupazione fin dal mattino è stata quella di scegliere il vestito che potrebbe piacergli di più; lui, angustiato, stanco, contrariato, nervoso, dopo una giornata trascorsa a penare per guadagnarsi il pane... Hai una vaga idea di quel che significa, bambina viziata? E ti stupisci di qualche dissapore! Egoista... Ah, mia cara... l’amore è un sentimento di lusso».

Bisogna imparare che la felicità è tale, anche quando lascia l’amaro in bocca. Denise lo imparerà, ma…

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