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Non un amico qualsiasi
In una Stoccarda degli anni '30 in cui il vento del Nazismo non ha ancora cominciato a soffiare impetuoso, nasce l'amicizia tra due adolescenti sedicenni: Hans, figlio di un medico ebreo "rispettato sia dagli ebrei che dai gentili" e decorato con la Croce di Ferro, e Konradin von Hoenfels, appartenente a una ricca famiglia aristocratica che vanta un glorioso passato.
Hans - nella cui figura si ritrovano elementi autobiografici - ha "un'idea romantica di amicizia" e una prospettiva ancora incerta sul suo futuro, sicuramente meno pratica di quella che tanti suoi compagni di classe hanno del loro avvenire; pur simpatici, in nessuno di essi riesce a scorgere quell'amico che risponde al suo bisogno di fiducia, di lealtà e di abnegazione.
Konradin con un volto fiero, un portamento elegante, una "figura che, trasudava agio e distinzione" suscita ammirazione e al tempo stesso agitazione, non soltanto in Hans.
Entrambi timidi e solitari, si scoprono uniti dalla comune passione per le monete, per i libri e la poesia, per l'arte e il teatro, discutono di religione, di Dio e di ragazze.
Ma "l'occhio del tifone" non è così lontano, così esterno al loro "cerchio magico".
Tanti favorevoli giudizi di critica e di pubblico ne hanno fatto un piccolo grande classico da leggere senza esitazione.
Aspettarsi che il libro (di cui conoscevo il successo ma che non avevo ancora letto) restituisca, per il suo particolare contesto storico, in modo più compiuto e diretto una testimonianza di questa pagina nera della Storia del Novecento può in qualche modo 'guastare' la lettura.
In realtà, "questo smilzo volumetto" è da apprezzarsi in quanto, prima di tutto, storia di un'amicizia - narrata a distanza di anni dallo stesso Hans - nella quale si ritrova ciò che in ogni tempo, pur con sfumature diverse, contraddistingue quelle tipiche dell'età adolescenziale.
C'è, prima di ogni cosa, il bisogno stesso di amicizia - e per Hans non di un amico qualsiasi (ma lo stesso è per Konradin che lo confermerà poi anche in "Un'anima non vile", secondo libro della "Trilogia del ritorno" di Uhlman: "cercavo così disperatamente l'amicizia", "tutto quello che volevo era abbattere ogni barriera sociale che ci separava").
Ci sono poi l'ammirazione e il senso di inferiorità ("Cosa potevo mai offrire io, che ero figlio di un medico ebreo... a quel ragazzo dai capelli d'oro il cui solo nome bastava a riempirmi di tanta rispettosa ammirazione?"); l'affetto e la rabbia ("ora scoprivo con ripugnanza che, a causa di Konradin, mi comportavo come un piccolo snob idiota", "Per la seconda volta in meno di un'ora provai un sentimento di odio nei confronti del mio innocente amico"); il voler essere accettato ma non umiliato ("preferisco la solitudine alle umiliazioni. Valgo quanto tutti gli Hoenfels del mondo."); i pregiudizi ("E mia madre non solo detesta gli ebrei, ma li teme... Se stesse per morire e non ci fosse nessuno, tranne tuo padre, in grado di salvarla, dubito che si deciderebbe a chiamarlo."); la delusione, la vulnerabilità, la nostalgia, un amaro 'ritorno'.
E, in questo caso, sullo sfondo - ma non così tanto - lei, la Storia, che Uhlman ci consegna qui non attraverso i 'fatti grandi' bensì attraverso gli occhi di Hans e Konradin e delle rispettive famiglie, in un misto e in una contrapposizione tra forte attaccamento alla patria, lingua e cultura tedesca ("Eravamo prima di tutto svevi, poi tedeschi e infine ebrei"), un'impotente rassegnazione ("Il lungo e crudele processo che mi avrebbe portato a perdere le mie radici era iniziato e già le luci che avevano guidato il mio cammino si stavano affievolendo"), atavici pregiudizi e ingenua fiducia in un'ideologia.
Da leggere anche "Un'anima non vile", in cui Uhlman, a completamento della narrazione, ci restituisce sì la stessa storia ma stavolta la affida alla voce di un Konradin von Hoenfels anch'egli ormai adulto e prossimo a quell'epilogo, inaspettato, con cui lo si ritrova nelle ultime pagine del racconto di Hans.
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Commenti
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Sì, in effetti sono due libri complementari, due facce della stessa medaglia e merita anch'esso. A dire il vero io ho apprezzato l'intera"Trilogia del ritorno".
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Apprezzo anche l'invito a leggere "Un'anima non vile", che non ho trovato affatto inferiore a questo. Sono così speculari che mi stupisce non vengano pubblicati in un solo volume.