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SPLENDIDAMENTE CRUDELE
La scrittura d’autore si riconosce anche a distanza di mille miglia.
Avremmo potuto perdere le meraviglie letterarie della Nemirovsky se la figlia Denise non avesse ben custodito i manoscritti che la madre aveva racchiuso in una valigia prima di venire deportata come ebrea ad Auschwiz (non aveva mai ottenuto la cittadinanza francese), dove morì di tifo.
La sua penna, come un magico pennello nelle mani dell’artista sapiente, con pochi tratti è capace di rendere caratteri, atmosfere, descrizioni fisiche.
“Il ballo” è un lungo racconto o romanzo breve, che dir si voglia, che concentra molte tematiche care all’autrice, legate alle vicende dei primi del Novecento, ma anche di ogni epoca, in verità: la scalata sociale dei nuovi arricchiti, le ipocrisie del bel mondo, i tradimenti, i pettegolezzi, il conflitto con la figura materna.
Narrato in terza persona, senza salti temporali che non siano bei brevissimi flash, la scrittura scorre cristallina, piacevole e, a volte, tagliente fino a farti sanguinare.
Antoinette, la figlia, Rosine Kampf, la madre. Mai letto di un rapporto così carico di odio, dove l’amore e la tenerezza sembrano banditi sin da quando Antoinette era piccola. Rosine, arricchitasi con una mossa fortunata del marito in borsa, cambia città, si tinge i capelli di un platino chiarissimo e organizza un ballo per duecento persone altolocate di Parigi e dintorni. Solo che qualcosa va storto, ed è colpa di Antoinette, che la madre non ha voluto che partecipasse al ballo, poichè la freschezza di lei avrebbe oscurato la sua bellezza quasi sfiorita.
Antoinette si vendica, in una maniera terribile!
“Nessuno le voleva bene, nessuno al mondo... Ma non vedevano dunque – ciechi, imbecilli – che lei era mille volte più intelligente, più raffinata, più profonda di tutti loro, di tutta quella gente che osava educarla, istruirla... Arricchiti volgari, ignoranti...” questo è quello che Antoinette pensa dei genitori…da brividi!
Altri personaggi vengono tratteggiati con maestria e ne abbiamo il quadretto completo. L’istitutrice:
“L’inglesina, guance rosse, occhi spaventati e dolci, uno chignon color del miele arrotolato sulla testolina rotonda, si insinuò attraverso la porta socchiusa”
O ancora, la scena di lusso dove campeggia la volgarità dei camerieri:
“Percorse il corridoio, dove due camerieri, con la testa rovesciata all’indietro, tracannavano bottiglie di champagne. Raggiunse la sala da pranzo. Era deserta, con tutto già predisposto: il grande tavolo piazzato al centro, carico di selvaggina, di pesce in gelatina, di ostriche su vassoi d’argento, e adorno di pizzi veneziani, con i fiori tra un piatto e l’altro, e la frutta in due piramidi uguali. Tutt’intorno i tavolini rotondi a quattro e sei posti scintillavano di cristalli, di porcellane pregiate, di argenti e di stoviglie dorate”.
Tanti piccoli dettagli che formano l’idea del lusso, dell’eleganza, della volgarità di alcuni personaggi, della disperazione e della cattiveria.
Un libretto che si divora in un’ora.
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Ma la crudeltà di questa storia... mmm. Terribile
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