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La furia, l'urlo, il suono
«Un uomo vivo è meglio di qualsiasi uomo morto, ma nessun uomo vivo o morto è molto migliore di qualsiasi altro uomo vivo o morto.»
Classe 1929, “L’urlo e il furore” è uno scritto a firma William Faulkner che sin dalle prime pagine colpisce per la sua impostazione stilistica atta a suscitare un viaggio introspettivo in quello che è un flusso di coscienza continuo e ininterrotto. Obiettivo dell’autore è quello di ripercorrere la tragedia di una famiglia suddividendo simbolicamente il componimento in quattro parti che appunto ne ripercorrono negli anni le sorti e le conseguenze. Ogni sezione assume una diversa capacità evocativa, una capacità evocativa che risente di una diversa prosa e dunque di un ritmo in crescendo e confluendo e mai in adagio.
Non a caso, infatti, se nella prima e seconda parte lo stile si avviluppa, contorce e fa entrare il lettore in un meccanismo concatenato di fatti del presente, del passato e dello sperato che si fondano tra loro, nella terza e quarta sezione, al contrario, ci troviamo di fronte a lunghi periodi, a un incedere più cadenzato ma pur sempre incisivo nel suo proseguire, a una trama che muta la sua forma espositiva ma che mai cede dal punto di vista contenutivo e interiore.
Faulkner non delude le aspettative dei lettori e offre loro un titolo da assaporare un poco alla volta, sul quale riflettere, mai scontato e dai contenuti che lasciano il segno.
«Quel che vi è di meglio nel pensiero si aggrappa come edera morta su vecchi mattoni morti.»
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Dell'autore conosco solamente "Mentre morivo", ma ho compreso il suo livello di scrittura.