Dettagli Recensione
Shayo
Da Shayo “la gente del sole calante“, titolo originale del romanzo, deriva il termine giapponese che indica l’aristocrazia in declino, di cui Osamu Dazai ci narra in questo libro.
Egli stesso nacque in una ricca famiglia aristocratica e l’appartenenza per diritto di sangue a una classe privilegiata fu la matrice dei sensi di colpa che lo flagellarono per tutta la vita.
Kazuko ci racconta della madre, le cui nobili origini non si traducono nei titoli posseduti ma nelle movenze innate di una creatura naturalmente elitaria, che nemmeno uno strato sociale molto inferiore potrà strapparle. Proprio il crepuscolo di questa donna, lento inesorabile tacito e dignitoso è il fulcro del libro, sebbene celato dal franare più esplicito e dozzinale dei figli e del Paese intero.
Kazuko ci descrive il tormento di un fratello schiacciato dal suo declino, straziato dalla droga e dall’alcool e aggrappato alla vita da un fragile lembo, nell’amore della madre.
Kazuko ci narra di se stessa, una donna giovane alla ricerca di equilibrio nel trapasso tra la società tradizionale e l’evoluzione dei tempi.
Dice in postfazione Maria Teresa Orsi che il successo di questo romanzo in Giappone si debba precipuamente alla particolare qualità di scrittura di Dazai e puntualizza quanto sia complicato renderne l’effetto in traduzione. Effettivamente, il racconto non mi ha affatto colpita, pallida ed insipida la scrittura che – nonostante la drammaticità dei contenuti – non mi ha emozionato e che nemmeno formalmente ho trovato di particolare attrattiva. Salva l’esito della lettura la figura della madre, resa con particolare efficacia, ma complessivamente un’esperienza non memorabile.
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