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Pedro Páramo
 
Pedro Páramo 2021-05-18 10:27:11 kafka62
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4.8
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    18 Mag, 2021
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LA SPOON RIVER DI RULFO

“Quelle ore sono piene di spiriti. Se lei vedesse la quantità di anime che se ne va in giro per le strade. Quando fa buio cominciano ad uscire. […] Un puro vagabondare di gente che è morta senza perdono e che non l’otterrà in nessun modo”

Se si volesse riassumere in due parole la storia di “Pedro Paramo” si potrebbe dire che è il viaggio di un figlio alla ricerca di un padre che non ha mai conosciuto, oppure la descrizione dell’ascesa e della caduta di un uomo che, partendo dal nulla, riesce a diventare, grazie al suo cinismo e alla sua spregiudicatezza, l’uomo più ricco e potente della regione; se si volesse sintetizzare in siffatta maniera questo libricino di poco più di cento pagine si finirebbe però per non cogliere affatto il senso della straordinaria operazione realizzata da Juan Rulfo, misconosciuto autore di due soli libri (e come tale citato da Vila-Matas nel suo “Bartleby e compagnia”), il quale ha composto un’opera enigmatica, inafferrabile, caleidoscopica e sfrangiata, ambientata in un tempo immobile e sospeso nel quale il protagonista (apparente) Juan Preciado, recatosi a Comala per rispettare le ultime volontà della madre morente e, rintracciando l’uomo che dà il titolo al romanzo, “fargli pagare caro l’oblio in cui ci ha lasciati”, finisce per smarrirsi come in un sogno, perdendo progressivamente, oltre alla capacità di distinguere reale e irreale, presente e passato, anche il suo stesso ruolo di narratore. Una moltitudine di personaggi emerge implausibilmente dalle nebbie di una storia antica, fragili, ectoplasmatiche presenze che si affacciano alle soglie della vita spinte dall’impellente bisogno di far rivivere i loro tristi e dolorosi ricordi, come se la sofferenza non potesse mai avere veramente fine e si perpetuasse in un’eco infinita, incapace di dissolversi nella quiete del tempo (come le urla dell’uomo impiccato anni prima che risuonano nella stessa stanza dove Juan Preciado sta cercando inutilmente di prendere sonno). Juan è come un Enea che si inoltra nell’Ade (fino a confondersi con i fantasmi incontrati per strada e svanire nella loro stessa irrealtà), ma l’Ade è proprio questo piccolo paesino che “sta sulle braci della terra, proprio nella bocca dell’inferno”, un villaggio “unto dalla sventura”, una terra di mezzo tra la vita e la morte, tra l’aldiqua e l’aldilà, in cui sembrano definitivamente abolite le normali leggi fisiche e temporali, e dove i morti vagano senza la consapevolezza dell’avvenuto trapasso, non tanto perché la morte appare come un continuum indistinguibile dalla vita, quanto perché è la vita stessa, nel suo doloroso e fatalistico avvicendarsi, ad avere le tragiche sembianze della morte, in un mondo in cui è preclusa ogni speranza di riscatto e “che ci stringe da tutti i lati, che sparge manciate della nostra polvere qua e là, facendoci in pezzi come se spruzzasse la terra con il nostro sangue”. Pian piano i sussurri, i mormorii che affiorano dalle umide e soffocanti notti di Comala si intrecciano e si fondono, fino a formare, come in un arazzo intessuto di fili di sangue, la sciagurata storia di Pedro Paramo, un “rancore vivente”, venuto su dal nulla “come un’erbaccia”, uno dei tanti cacicchi centro-americani che si son fatti largo nella vita a forza di soprusi e di violenze, calpestando con tracotante senso di impunità i diritti dei più deboli (alla madre venuta a piangere l’uccisione del figlio per mano di Miguel Paramo l’amministratore Fulgor Sedano offre come risarcimento 50 chili di mais, e quando racconta a Pedro Paramo il dignitoso rifiuto della donna, questi risponde sdegnosamente: “Non hai di che preoccuparti, Fulgor. Quella gente non esiste”), e piegando il potere della Chiesa (il donabbondiesco padre Renteria, che rifiuta l’assoluzione a una povera donna o una preghiera di suffragio a una suicida, ma non nega il perdono divino a chi, pur macchiatosi di crimini orrendi, elargisce laute elemosine) o della legge (il notaio connivente che falsifica gli atti di proprietà delle terre della Media Luna) ai propri loschi interessi. Anche Pedro Paramo ha però il suo punto debole, l’amore puro e incondizionato per Susana San Juan, donna bellissima ma debole di mente, la quale è un po’ come la Rosebud di “Quarto potere” (in quanto lo riporta agli anni dell’infanzia pieni di sogni e di passioni incontaminate) e la cui morte prematura (“Non esiste nessun ricordo, per intenso che sia, che non si spenga”) lo induce a ritirarsi dal mondo e a lasciarsi morire di tristezza.
“Pedro Paramo” è una sorta di Spoon River ispano-americana, in cui sulla malinconia del ricordo prevale l’irrequietezza del rimorso e del rimpianto, e in cui il coté surreale, con i suoi defunti che si affollano per narrare, ognuno a suo modo, le loro piccole, insignificanti storie, non pregiudica affatto né la descrizione lirica e potente di una natura fatta di cieli in cui piovono stelle cadenti, di nuvole che si lanciano sulla terra sconvolgendola e cambiandone i colori, di tramonti infuocati e di torrenziali acquazzoni che annegano la terra, né - soprattutto - la rappresentazione cruda e antiretorica, in qualche modo anche storica (ad un certo punto del libro si affaccia persino la rivoluzione messicana) di un mondo rurale popolato di contadini poveri e oppressi e di infelici donne in gramaglie che si trascinano tra messe e funerali, quasi che la circolarità del tempo del romanzo, in cui ciò che accade è in realtà già accaduto, fosse la metafora di un continente schiacciato da secoli di sopraffazione, di angherie e di corruzione, e condannato per questo alla marginalità e al sottosviluppo. Se di realismo magico si è tanto parlato, e giustamente, a proposito di Gabriel Garcia Marquez o di Isabel Allende, non bisogna dimenticare che la sua origine risiede proprio in questa esile ma originalissima e imprescindibile opera seminale, che si staglia come un diamante grezzo ma luminosissimo nel panorama della letteratura latino-americana moderna.

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Interessante recensione, Giulio, benché dell'autore non abbia letto nulla. Mi incuriosisce però .
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kafka62
18 Mag, 2021
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Grazie Emilio. Beh, al di fuori di "Pedro Paramo" è difficile leggere qualcosa di Juan Rulfo, perchè al di là di una raccolta di racconti non credo sia stato pubblicato nulla. "Pedro Paramo" comunque basta e avanza: c'è tantissima vita in questo romanzo che parla di morte!
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19 Mag, 2021
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Intanto è già un piacere leggere il tuo commento al libro.
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kafka62
19 Mag, 2021
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Grazie Anna Rosa, sei davvero molto gentile.
Ottimo commento Giulio, lettura che si imprime.
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kafka62
21 Mag, 2021
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Sono d'accordo con te, Laura, è una lettura onirica ed evanescente, ma ti rimane dentro a lungo. Mi era piaciuta molto anche la tua recensione, che riusciva a cogliere in poche, emblematiche parole l'essenza del libro. Buone letture!
Un'ottima recensione, Giulio!
Alcuni anni fa, ho letto anch'io questo romanzo che mi è piaciuto molto.
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