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Una forma di vita
 
Una forma di vita 2021-05-10 15:36:13 Mian88
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    10 Mag, 2021
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Gioco di specchi

«Quello che nessuno ha detto al processo, ma che abbiamo avvertito tutti, è quanto ci odiano. Se chi è bene in carne può anche suscitare simpatia, gli obesi sono odiati. […] La verità è che siamo i peggiori tossici della terra. Il cibo in alte dosi è una droga più pesante dell’eroina. Strafogarsi è un trip garantito, si hanno sensazioni incredibili, pensieri indescrivibili.»

Tutto ha inizio per caso, tutto ha inizio con il sopraggiungere di una epistola da parte di un soldato di stanza a Baghdad. Il suo nome è Melvin Mapple ed è un giovane che ha prima di tutto bisogno di un po’ di comprensione. È in Amélie Nothomb che cerca questo senso di condivisione e apprezzamento, questo ponte di comunione che possa dargli pace. Perché da quasi un decennio l’uomo si trova sul fronte e, come molti altrui suoi commilitoni, ha maturato una predilezione per l’alimentazione che lo ha portato all’obesità. Lui che è sempre stato un giovane magro e abituato a camminare per le strade d’America con nulla o poco più alla Jack Kerouac, lui che ha provato sostanze di ogni genere, è adesso vittima di un trip superiore a quello di qualunque eroina: il cibo. Non può sottrarsi a questo, il suo corpo per tale e siffatta ragione persiste a ingrassare e continua ad assumere forme e dimensioni sempre più spropositate che non consentono alternative o attenuanti. Ecco allora che ha inizio una interessante corrispondenza epistolare tra lettore dalle forme rotonde e scrittrice dall’occhio acuto, per colmare un vuoto, da un lato, per una naturale e costante predilezione alla gentilezza e all’ascolto, dall’altro. Ma qual è il confine tra finzione e verità? Quale atto di coraggio vi è dietro la fiducia che si cela dietro la parola scritta da un uomo sconosciuto e del quale alcunché è noto? E quanto ancora il tema della disfunzione alimentare può portare a riflessioni sottese relativamente alla tematica alimentare ma anche alla diversità e al diverso?

«È molto difficile capire quando fermarsi. È sempre il famoso problema della frontiera: l’altro attraversa la nostra vita, e bisogna accettare che possa uscirne con la stessa facilità con cui ci è entrato.»

Con “Una forma di vita” Amélie Nothomb dona ai suoi lettori un titolo molto particolare che non può annoverarsi tra i più indimenticabili ma che comunque lascia il segno. In particolare, ciò accade non solo per le problematiche trattate ma anche per lo stile narrativo che si rinnova proponendo una forma nuova rispetto alla canonica forma dialogica che le appartiene e più precisamente parliamo dell’epistola. In questo titolo è infatti questo il primo elemento che colpisce e che solletica il conoscitore. A questo primo elemento si aggiunge il tema dei soldati americani e di questa loro propensione all’ingrassare effettivamente riscontrato negli anni del conflitto. La Nothomb trae infatti spunto da un articolo realmente letto in merito e che appunto denunciava questo fatto. Tornando all’epistola questa si esprime e propone con precisione e bellezza a chi legge che viene rapito dallo scambio e al contempo dallo stesso arricchito.
Lo sviluppo è lineare, logico e consequenziale. Non manca il classico smacco nella narrazione e nemmeno un finale che, per quanto ai limiti del surreale, ci riporta alla filosofia altro carattere proprio della belga. L’epilogo ci lascia innanzi a un’apertura e a un quesito che resta in sospeso e lascia in sospeso. Un perfetto gioco di specchi in un ben architettato gioco di specchi.

«Tu lo sai: se scrivi ogni giorno della tua vita come un’indemoniata è perché hai bisogno di un’uscita d’emergenza. Essere uno scrittore per te significa cercare disperatamente la porta d’uscita. Una peripezia che devi alla tua incoscienza ti ha permesso di trovarla. Una peripezia che devi alla tua incoscienza ti ha permesso di trovarla. […] E la tua vita impossibile sarà finita. Ti sarai liberata dal tuo principale problema. Te stessa.»

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