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Mito e rabbia
Trama: da un'anonima cittadina di provincia alle sfavillanti luci della metropoli. Qui Buster "Rant" Casey diventa celebre eccellendo nel party crushing, ovvero un pericoloso gioco in cui ci si sfida a tamponarsi vicendevolmente con le auto. Proprio durante una di queste sfide Rant (forse) muore, ma come un nuovo James Dean entra nel mito grazie alle parole di chi lo ha conosciuto.
Palahniuk costruisce "Rabbia" attraverso una serie di testimonianze orali, riferendo delle gesta di uno strambo ragazzo eletto a simbolico grimardello per scardinare il sistema frustrante ed opprimente.
Rent è un Tyler Durden (vi ricordate "Fight Club"?) meno carismatico ed inconsapevole del proprio ruolo totemico, eppure capace di entrare nel mito fino ad essere tramandato ai posteri. Pilota scavezzacollo ma anche serial killer più spietato della storia, essendo lui portatore sano del virus della rabbia -a causa della quale scatena un'epidemia dai risultati tragicamente prevedibili- diventa, grazie al passaparola, simbolo anarchico della controcultura in un contesto in cui i riferimenti sociali sono debitori alla sci-fi distopica, ovviamente quella meno progressista e liberale possibile. Palahniuk tratta numerosi temi e lascia in sospeso vari interrogativi, atteggiamento che potrebbe spiazzare il lettore neofita e che invece non dovrebbe creare patemi a chi ben conosce il lucido e febbrile caos creativo dello scrittore statunitense. "Rabbia" è un romanzo indigesto, originale, bizzarro, respingente, addirittura quasi ributtante a tratti: incarna ed estremizza la follia dei tempi moderni, analizzando la facilità con cui si può assurgere a nuovi laici messia per un popolo in cerca di fuga dalla brutalità e anestetizzato nell'oblio dell'ignoranza.