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Semplicemente imperdibile.
Un vecchio Barney Panofsky ci racconta direttamente dalla sua penna la propria vita dissipata e scorretta con forte ironia.
Racconta della sua permanenza a Parigi, insieme ad amici con cui condivideva il sogno di diventare un famoso scrittore, ma più realisticamente trascorsa con donne e sbronze.
Racconta delle sue tre mogli. Di Clara, scapestrata e folle artista, della Seconda Signora Panofsky, noiosa e logorroica. Infine, di Miriam, unico suo grande vero amore, per la quale sono scritte le più tenere e commuoventi parole che abbia mai sentito da un acidissimo vecchietto.
Racconta dei suoi tre figli, di suo padre, della sua passione per l’hokey, dei suoi terribili scherzi, dei suoi vizi e dei suoi processi.
In questa (auto) biografia assolutamente scorretta, si fanno strada pagine esilaranti, nutrite di cattiveria davvero unica. L’egocentrismo smisurato di Barney prevale su tutto e le sue descrizioni sono sempre più acide, intolleranti, rissose e incredibilmente divertenti. Non si dimenticheranno facilmente personaggi come il padre di Barney o la seconda signora Panofsky.
Vi sono tre principali difetti in questo libro.
Per poter godere della genialità di Richler è necessario superare le prime cento pagine, costellate di ricordi, personaggi, luoghi e tempi centrifugati insieme senza alcun ordine, passate le quali la storia si avvia per una corretta sequenza e cronologia degli eventi. Naturalmente, tutto ciò ha una spiegazione, ma è necessario prestare una particolare attenzione alla rapsodia di quanto scritto per evitare di rileggere il libro una seconda volta.
Una (mia) difficoltà è sicuramente calarsi nella realtà, storia, politica e cultura ebraico-franco-anglo-canadese in cui la storia è narrata, e che l'autore spesso da per scontato.