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Ohio
 
Ohio 2021-03-05 14:02:09 luvina
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
luvina Opinione inserita da luvina    05 Marzo, 2021
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Rusty Belt

“Ohio” è l’opera prima di Stephen Markley ed è un grande libro. E’ un romanzo mondo, dentro ci sono l’adolescenza, la perdita dell’innocenza, il male, il bene, la guerra, la crisi esistenziale ed economica di questi nostri anni. Bellissimo, poetico e allo stesso tempo crudo, è veramente uno degli esempi più validi della nuova narrativa americana. L’incipit è da brividi - “ Il feretro non conteneva nessuna salma. La bara Star Legacy modello Platinum Rose in acciaio calibro 18, in prestito dal Walmart locale, era solo ricoperta da una grande bandiera americana”- già con queste poche righe veniamo scaraventati nel profondo degli Stati Uniti, per la precisione nel Midwest, in quella rusty belt che è il regno dei Walmart, delle molteplici chiese, delle fabbriche chiuse, delle Budweiser e dei cappellini da baseball, del consumo abnorme di alcol, oppiacei, psicofarmaci e droghe sintetiche. Il libro inizia con un Preludio, siamo nel 2007 ed è in corso una parata trionfale per il funerale di Rick Brinklan, caduto in Iraq, campione di football al liceo e uno dei protagonisti del racconto. Nulla è da sottovalutare di ciò che scrive Markley, nemmeno le date, il 2007 infatti è l’anno della crisi dei subprime, degli sfratti, delle disillusioni per quell’umanità che qualche anno dopo voterà compatta per Trump. La parata funebre è il mezzo attraverso il quale l’autore ci fa conoscere New Canaan (nome biblico di terra promessa usato ironicamente) immaginaria cittadina dell’Ohio e con lei quella provincia americana tradita e delusa fatta di case fatiscenti, di famiglie disfunzionali, di fabbriche dismesse, di ipocrisia, di disoccupazione, di dolore.
In questa parata i protagonisti del romanzo sono in realtà assenti: il morto Rick, del quale non c’è la salma, e i suoi amici del liceo Bill Ashcraft, Stacey Moore, Lisa Han, Danny Eaton, Kaylyn Lynn ex di Rick in realtà presente con il fisico ma non con i sensi. Il loro gruppo è tutto racchiuso in una foto piegata in quattro che Bill conserva gelosamente.
Ma la vera storia del romanzo inizia sei anni dopo nel 2013 quando in una notte d’estate le vite degli amici del liceo si incontreranno di nuovo a New Canaan ma non ci sarà un vero epilogo perché l’ultimo tassello andrà a posto soltanto nella Coda, datata 2017. La storia è divisa in capitoli nei quali, per mezzo di salti temporali che attraversano il decennio 2003/2013, conosciamo la vita di tutti i componenti del gruppo vincente del liceo. Erano belli, giovani, campioni e li attendeva un futuro scintillante.
La trama del romanzo è volutamente celata lungo tutti i capitoli, i tanti episodi della vita dei protagonisti, letti come in un gioco di specchi da ogni personaggio, piano piano alla fine ci rendono una visione d’insieme dell’intreccio. Ogni tassello alla fine troverà la sua collocazione ma il lettore arriva quasi sfinito all’ultima pagina, sfinito dal dolore, dalla perdizione, dalla cattiveria, dal nulla espresso da questi personaggi, sono tutti colpevoli, non si salva nessuno. Persino azioni che normalmente possono sembrare positive sono in realtà stravolte nel loro significato da sentimenti negativi, da opportunismo.
Ognuno di loro uscirà segnato, nel corpo ma soprattutto nella mente da questo decennio di passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Forse l’aspetto più agghiacciante è che la terribile storia ha i suoi prodromi proprio negli anni dell’adolescenza, quelli che dovrebbero essere spensierati e felici. Le 544 pagine del romanzo sono ricche di personaggi minori, ex amici, mariti, mogli, genitori, fratelli ma ognuno di essi lascia una traccia di sé funzionale alla storia, a volte la svolta parte proprio da loro (questo mi ha ricordato un po’ i grandi romanzi russi). In questo romanzo non c’è riscatto, non c’è salvezza, l’unico barlume di speranza viene affidato alle ultime parole di Bill a Stacey e lei infatti -”Non avrebbe più scordato quello che Bill disse dopo”-
Che dire dello stile di Stephen Markley? Lirico, poetico, fatto di immagini visionarie che ti prendono e ti trasportano in un altro universo, pieno di associazioni azzardate ma che valgono l’intero libro. E’ proprio l’accostamento coi temi crudi, dolorosi trattati e la poesia della scrittura che fa di “Ohio” un grande libro. Non è facile sviluppare una trama così triste e senza speranza, usando tra l’altro una voce narrante, senza mitigarla con uno stile emotivo. L’autore usa questo stile anche nelle molteplici descrizioni di luoghi, molte notturne, usando la natura e i suoi fenomeni (ad esempio i temporali) per rendere ancora più incisivi gli avvenimenti e gli stati d’animo dei personaggi.
Ho amato moltissimo “Ohio”, sono stata totalmente rapita dalla storia e dalla scrittura di questo impegnativo romanzo che non lascia indifferenti, che ti rimane dentro a lungo e che ti fa guardare questi nostri tempi senza filtri e ipocrisie.

PS: ho deciso di rileggerlo anche in inglese perché la traduzione, forse per rendere il parlato americano, è quasi totalmente priva di congiuntivi, tutta declinata all’imperfetto e l’ho trovata un po’ fastidiosa.

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
"Furore" "La valle dell'Eden" di Steinbeck
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