Dettagli Recensione
Forgotten Gods
Shadow ha appena finito di scontare tre anni di prigione per una rapina finita male. E’ un tipo grande e grosso che non parla molto, ma è tutt’altro che stupido: è più che altro un’ombra, proprio come il nome che porta. Poco prima di essere rilasciato scoprirà di aver perso la moglie in un incidente, e rimasto senza più motivi per andare avanti, accetterà l’ambigua offerta di lavoro di un tale Mr. Wednesday, una via di mezzo fra un imbroglione e un mentalista (se non proprio un mago); accetterà di fargli da galoppino/guardia del corpo, ma si renderà presto conto che il signor Mercoledì è molto più di quello che sembra… Mentre si profila all’orizzonte uno scontro finale fra vecchi dei di importazione, e nuovi dei tecnologici e digitali. Shadow finirà invischiato in una vicenda più grande di lui, e dovrà addirittura assumere il ruolo di ago della bilancia.
Vicenda on the road che parla di divinità dimenticate (o che rischiano di finire nel dimenticatoio), American Gods di Neil Gaiman è un fantasy piuttosto atipico: darkissimo come da tradizione per quanto riguarda il suo autore, la narrazione risulta anti retorica e anti epica: scordatevi clamorose ed eroiche battaglie alla Tolkien o sanguinosi duelli alla Howard, qui siamo più dalle parti del sogno (e infatti i sogni saranno fondamentali durante il dipanarsi degli eventi), nonostante gli dei siano umanizzati. E molto spazio è dedicato proprio a loro: dispersi nel vasto continente americano, spesso fragili e soli, gli dei possono davvero esistere, e quindi vivere, solo se ci si ricorda di loro. Ma il cuore dell’uomo è facile da conquistare, quanto la sua memoria è pronta a dimenticare, e a ogni vecchio credo è fin troppo facile sostituirne uno nuovo, magari che stia più al passo coi tempi.
American Gods è un romanzo malinconico e un po’ nostalgico, a tratti originale e quasi spiazzante nel modo in cui tratta gli argomenti che narra; è sempre profondo e mai banale, anche se a volte risulta un po’ troppo misterioso, e non tutto viene spiegato fino in fondo. Ma forse è meglio così: il lettore non dovrebbe mai essere passivo, deve lavorare di fantasia anche lui, o no?