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Cecità
 
Cecità 2020-12-25 23:39:24 archeomari
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5.0
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5.0
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4.0
archeomari Opinione inserita da archeomari    26 Dicembre, 2020
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Quel cieco terrore del nulla

E’ giunta l’ora anche per me di conoscere uno dei libri più intensi della letteratura mondiale; l’autore, Josè Saramago, non a caso ha vinto il Premio Nobel nel 1998.

“Cecità” è stato uno dei libri più letti di quest’anno, insieme a Spillover di David Quammen , i Promessi Sposi e La peste di A. Camus: tutti libri importanti, autori grandiosi a testimoniare il fatto che nei momenti straordinari della vita sono sempre i classici che ci aiutano a dare una risposta ai nostri “perchè”.

Perché nel mondo improvvisamente si diffonde questa epidemia? Nella fattispecie come mai tutta l’umanità diventa cieca, così, di punto in bianco?
E la risposta non arriva, ma si attiva una serie di riflessioni importanti sull’uomo, sulle relazioni sociali e i rapporti di potere.

E come nella poesia di Montale, cui ho pensato subito leggendo le prime due pagine del romanzo di Saramago:

“Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
(...)”

Così il primo personaggio che scopre di essere diventato cieco all’improvviso, un mattino, in mezzo al traffico urbano, all’accensione del verde del semaforo è incapace di far ripartire l’auto, perché non vede più niente, tranne un nulla lattiginoso, bianco. Qualcuno si offre di aiutarlo e lo accompagna a casa fino all’appartamento in cui il cieco abita con la moglie. Purtroppo quest’uomo così gentile è in realtà un ladro, che approfitta della situazione di bisogno in cui si trova quel conducente che ha perso la vista all’improvviso, per sottrargli l’auto. Dopo qualche minuto anche il ladro diventa cieco: una coltre bianca impenetrabile scende sulle sue pupille.
Di lì a poco questa cecità bianca si scoprirà contagiosa: il primo cieco si fa visitare da uno specialista che, non riscontrandogli nessuna lesione oculare, gli prescrive esami più approfonditi, ma perderà anch’egli la vista poco dopo.
Ora dopo ora sempre più persone denunciano di aver perso la vista, finché il governo, allarmato non prende provvedimenti d’emergenza: quarantena per i contagiati in una struttura adeguata. Il vecchio manicomio abbandonato. Nell’attesa che si sappia qualcosa in più su questa epidemia di cecità che viene provvisoriamente chiamata “mal bianco” - come quello che colpisce le rose- le autorità locali organizzano l’isolamento dei ciechi in questa struttura presidiandola coi militari, autorizzati a sparare su chi cerca di scappare dalla quarantena.
Le condizioni degli internati sono al limite, sia perchè non sono in grado di badare alle proprie necessità senza guida, sia perché il cibo che i militari passano loro è insufficiente.
Da un primo, sparuto gruppo di sette persone internate si arriverà a circa duecento contagiati isolati: sarà necessario organizzarsi per vivere questa nuova realtà comunitaria. Come succede nella vita reale, ci sono i buoni e i cattivi. I primi che, nella disperazione della perdita della vista, conservano pur nella sporcizia e nel degrado più totale un’ombra di umanità, e i secondi, che nonostante il male comune, pensano a sopraffare i più deboli, confiscando lo scarso cibo distribuito. Questi farabutti ricattano gli altri per ottenere denaro e poi donne in cambio di alimenti.

Saramago non ci risparmia nulla: morte, sopraffazione, violenza, escrementi lungo i corridoi, per le strade, cani che si cibano di cadaveri umani. Nulla è risparmiato al lettore, neanche lo stupro sino alla morte. Ciò che segna la svolta è infatti il trauma collettivo della violenza fisica. Non sono state offese solo le donne, ma anche gli uomini: per poter mangiare un pezzo di pane hanno dovuto sacrificare vilmente le donne.

“Cecità”, che aveva come titolo originario portoghese “Saggio sulla cecità” offre moltissimi spunti di riflessione, una lettura su più strati, dove si riscontrano reminescenze bibliche, kafkiane (processo, tribunali), tematiche legate al sogno (Calderon de la Barca, Borges) e sicuramente implicazioni che rimandano alla realtà politica portoghese dove la democrazia è arrivata più tardi che non negli altri Paesi europei. In una discussione sulla fine del mondo tra i personaggi del romanzo si parla di “morte della parola”: la fine del mondo è la cecità e la cecità è l’assenza della democrazia.

Interessante il fatto che è una donna, la moglie del medico, l’unica persona in tutta la storia a non perdere mai il bene della vista. E sarà la sua condanna, poiché:
“...non domandatemi cosa sia il bene e cosa sia il male, lo sapevamo ogniqualvolta abbiamo dovuto agire quando ancora la cecità era un’eccezione, giusto e sbagliato sono appena due modi diversi di intendere il nostro rapporto con gli altri, non quello che manteniamo con noi stessi, di quest’ultimo non c’è da fidarsi, (...) voi non sapete, voi non potete saperlo, cosa significhi avere gli occhi in un mondo di ciechi, non sono regina, no, sono soltanto colei che è nata per vedere l’orrore, voi le sentite, io lo vedo e lo sento (...)”.
Perché Saramago sceglie una donna per conferirle questa eccezione non si sa: attraverso i suoi occhi noi conosciamo la storia dell’orrore e dell’aberrazione umana. Quando la perdita del bene della vista toglie senso alle cose e all’umanità. Depravazione, abbruttimento esteriore ed interiore, egoismo, corsa alla sopravvivenza. La cecità collettiva, l’emergenza collettiva annullano millenni di civiltà, riportando la storia all’età della barbarie quando per assicurasi il cibo non si badava ai rapporti di parentela e si uccidevano i propri simili.

Per quanto riguarda lo stile il lettore si trova spiazzato di fronte all’amara ironia che gioca con le parole (prescrivere medicine alla cieca, fidarsi delle parole di un ladro cieco, non vedere via d’uscita etc...) e alle imbattibili torri di parole compatte quasi senza punteggiatura. Discorsi diretti liberi senza avvisi grafici, un fluire davvero a perdifiato in questo viaggio letterario. E i nomi? Mancano i nomi, non c’è bisogno di nomi, ma di ruoli. Anzi, di anime: “dentro di noi c’è una cosa che non ha nome, e quella cosa è ciò che siamo”. I ciechi non hanno bisogno di un nome, ed ecco come riconosciamo i vari personaggi: il primo cieco, il cieco ladro, il medico, la moglie del medico, la ragazza dagli occhiali scuri, il vecchio con la benda nera, il ragazzo strabico...persino un cane, il cane delle lacrime, che accorre appena avverte qualcuno che ha bisogno di conforto.

Tenuto conto dello stile si consiglia di privilegiare la lettura e non l’ascolto, per esperire coi propri occhi (è il caso di dirlo) la particolarissima scrittura del compianto scrittore.

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Commenti

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siti
26 Dicembre, 2020
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E finalmente qualcuno che si sofferma sul mio stesso interrogativo! La donna, l' unicità del non essere vittima di un male che la sacrifica comunque, come tutti.
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archeomari
27 Dicembre, 2020
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L’eterno femminino per eccellenza! La donna è custode della vita, la vita è luce. Chissà, non se Saramago abbia dato una risposta. È un libro che non si finisce mai di scoprire, ci sono strati e strati di significato. Grande!
Marianna, la tua presentazione è interessante. Penso che lo sia anche il libro. temo però che né il libro né il celeberrimo autore siano nelle mie corde.
La moglie del medico torna come personaggio in un altro dei paradossali apologhi di Saramago, quel "Saggio sulla lucidità" in cui un'altra "epidemia" mette in crisi la società contemporanea : in quel romanzo il ruolo di vittima sacrificale della donna è assai più manifesto. "Cecità", così come "La peste", ha paradossalmente beneficiato, in termini di vendite, della particolare situazione sanitaria che stiamo vivendo, ma è indubbiamente uno dei migliori romanzi dello scrittore portoghese, e la tua ottima recensione, Marianna, gli rende il giusto merito.
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archeomari
28 Dicembre, 2020
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Grazie mille per l’attenzione, Emilio! Buon anno
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archeomari
28 Dicembre, 2020
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Grazie mille, Giulio! Mi piacerebbe leggere anche Spillover, sono molto curiosa e altri libri di Saramago,vedremo più avanti. Sto cercando di colmare le lacune, ho terminato poco da Sostiene Pereira e tra qualche giorno terminerò anche Lolita , un po’ urticante, ma confesso che mi ha fatto ridere una marea di volte e la scrittura di Nabokov è semplicemente unica, ho trovato una penna così ricca e sontuosa! Che bello tornare a leggere!
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Emilio Berra  TO
29 Dicembre, 2020
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Buon Anno anche a te, Marianna.
7 risultati - visualizzati 1 - 7

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