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Chi è davvero cieco?
Ad essere sincera, ho provato un forte sentimento di amore-odio per questo romanzo, iniziato a leggere in estate e finito in questi giorni, in pieno secondo lockdown.
Indubbiamente il periodo che ci troviamo a vivere in questo momento ha orientato la scelta di leggerlo ma anche l'opinione che ne ho.
L'opinione sicuramente è anche influenzata dallo stile del romanzo, uno stile originale e sicuramente unico.
Lo stile di Saramago è così, o ti piace da morire o ti spiazza, uno stile senza punteggiature, senza distinzioni tra dialoghi e il resto del testo, un flusso continuo di pensieri, racconti, riflessioni ad alta voce.
Ma è sicuramente funzionale al rendere al meglio il contenuto, la storia, una narrazione così intensa da essere talvolta molto cruda.
Ma al tempo stesso una narrazione che, quasi in contrasto con il titolo del romanzo, ti spinge con la potenza di tutte le sue parole ad aprirti gli occhi.
Aprire gli occhi di fronte alla cecità che dilaga nel romanzo, un'epidemia improvvisa che lascia attoniti di fronte a qualcosa che non si conosce, e che spaventa, in cui vedo un forte parallelismo con la situazione attuale. E sin dalle prime righe della narrazione instilla nel lettore una riflessione su chi sia davvero il cieco. Un pensiero che accompagna la lettura fino alle ultime righe, in cui si trova una frase emblematica: "Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che pur vedendo, non vedono".
Una riflessione che spinge a chiedersi: sono davvero ciechi coloro che fingono di non vedere e invece vedono? O sono davvero ciechi coloro che davvero non sono ciechi ma nonostante questo fingono di vedere?
Figura cardine di questa riflessione è la moglie del medico, di cui si segue costantemente l'eterna guerra interiore che la porta ad essere combattuta, come unica vedente, tra il continuare a fingere di essere cieca e salvaguardare questo suo segreto per poter guidare i ciechi, e liberarsi di un fardello enorme, urlando a tutti di non essere cieca, dire che lei ci vede, ma esponendo ad un rischio altissimo, esponendosi alla mercè di chi ha perso la vista.
Un altro tema centrale è sicuramente il contrasto tra coloro che fanno della solidarietà e dell'unione la loro forza per la sopravvivenza, arrivando anche a sacrificare parte di sè per il bene del gruppo, e coloro invece che con i mezzi più beceri e violenti cercano di raggiungere una supremazia facendo leva sui bisogni primari degli altri ciechi, senza il minimo scrupolo se non quello di infliggere quanta più sofferenza fisica e morale sull'altro.
Significativo è sicuramente il fatto che questo aspetto emerga anche in una circostanza come quella in cui si trovano i ciechi, colti da un'epidemia che ha colpito tutti, senza distinzioni di classe, genere, età.
Significativo è quindi sicuramente il fatto che questo aspetto emerga anche in una circostanza come quella in cui si trovano i ciechi, colti da un'epidemia che ha colpito tutti, senza distinzioni di classe, genere, età.
Un romanzo che sicuramente non lascia indifferenti, e che forse ci cambia, ci spinge ad essere un po' meno ciechi e indifferenti di fronte a quello che come persone, cittadini, osserviamo tutti i giorni, spronandoci a non voltarci dall'altra parte o a chiudere gli occhi.
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