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Il senso di una fine
 
Il senso di una fine 2020-11-12 13:47:50 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    12 Novembre, 2020
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Accumulo, nostalgia, ricordi, senso del vivere.

«La storia è quella certezza che prende consistenza là dove le imperfezioni della memoria incontrano le inadeguatezze della documentazione.»

Primi anni ’60, Inghilterra. Una classe di studenti, tre amici che poi divengono quattro con l’arrivo di Adrian Finn, la figura più erudita, riflessiva, controversa, affascinante e dall’intelligenza non comune che permea con la sua presenza l’intero componimento.
A narrare le vicende è Tony Webster che tra quei banchi, tra filosofia e letteratura, ha instaurato un rapporto profondo con il compagno di studi. Due i fattori che rompono, nel tempo, gli equilibri del gruppo: la relazione amorosa del protagonista con Vanessa che di poi si innamora di Adrian e il terminare della scuola stessa che catapulta le varie voci delineate in una realtà adulta e diversa da quella che precedentemente li caratterizzava e accomunava. Le vite intraprendono il loro corso, passano gli anni, ciascuno si costruisce la propria realtà con tutti gli errori e le cadute e il rialzarsi del caso. Ed è proprio quarant’anni dopo che Tony apprende di essere il destinatario di uno strano lascito; il diario di Adrian, il giovane brillante che pone fine inspiegabilmente alla sua presenza terrena da suicida. Il diario e la piccola eredità inerente porteranno il protagonista a rincontrare Veronica e da questo momento dubbi, ipotesi, incertezze del tempo trascorso torneranno a riaffiorare alla ricerca di quelle risposte alle tante domande lasciate in sospeso.

«Con quale frequenza raccontiamo la storia della nostra vita? Aggiustandola, migliorandola, applicandovi tagli strategici? E più si va avanti negli anni, meno corriamo il rischio che qualcuno intorno a noi ci possa contestare quella versione dei fatti, ricordandoci che la nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato. Agli altri, ma soprattutto a noi stessi.»

La memoria è fallace, la memoria è vacua, la memoria non sa più cosa sia certezza e cosa finzione. È preda di silenzi ma anche del tempo trascorso inesorabile. Tony è preda dei ricordi, è intrappolato in un flusso che lo porta a rivivere con nostalgia gli anni passati, è chiamato a tornare a vivere emozioni che credeva di aver dimenticato. Ma è davvero la sua vita? Oppure quella che ha vissuto fino ad adesso non è altro che la somma, la sottrazione e la moltiplicazione di tutti quei fatti e quei fallimenti che si sono susseguiti?

«Viviamo nel tempo, il tempo ci definisce e ci vincola e dovrebbe anche essere misura della storia, no? Ma sr non riusciamo a comprenderlo, se non afferriamo il mistero in termini di andamento e decorso, che speranze possiamo avere con la storia, perfino con il marginale frammento della nostra personale, peraltro assai poco documentata?»

Un romanzo breve quello di Julian Barnes ma che tocca corde profonde senza paura e che si sviluppa come un saggio che al suo interno affronta tematiche che vanno dalla vita alla morte passando per i legami affettivi, i dubbi, le separazioni, la filosofia e la psicologia, sino a quello che è un epilogo che lascia il lettore con un enigma da interpretare e risolvere. Una risoluzione che forse esula dalle tante e molteplici interpretazioni o soluzioni finali, un epilogo che forse volutamente è lasciato in sospeso perché il suo scopo è nel non rispondere.

«C’è l’accumulo. C’è la responsabilità. E al di là di questo, c’è il tempo inquieto. Il tempo molto inquieto.»

«Procediamo a casaccio, prendiamo la vita come viene, ci costruiamo a poco a poco una riserva di ricordi. Ecco il problema dell’accumulo, e non nel senso inteso da Adrian, bensì nel semplice significato di vita che si aggiunge a vita. E, come ricorda il poeta, c’è differenza tra addizione e crescita.
La mia esistenza si era sviluppata, o solo accumulata?»

«Non è affatto vero che la storia è fatta delle menzogne dei vincitori, come sostenni una volta; adesso lo so.È fatta più dei ricordi dei sopravvissuti, la maggior parte dei quali non appartiene né alla schiera dei vincitori né a quella dei vinti.»

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Commenti

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Maria, la tua recensione è bella, ma non posso condividere il tuo quasi entusiasmo per questo libro, che invece mi ha deluso.
Avevo aspettative molto alte, perché venivo dalla lettura di "Il rumore del tempo", libro che ho trovato bellissimo e parecchio convincente.
Bravissima Maria, bella recensione. Questo libro finisce direttamente nella lista dei desideri.
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