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ESPIAZIONE
È l’estate del 1984 quando il tredicenne protagonista dell’opera di Tiffany McDaniel, Fielding Bliss, incontra davanti all’ingresso del Tribunale ove lavora il padre, Sal, un ragazzo di colore abbigliato con una salopette bisunta e rovinata che si presenta al suo cospetto quale presenza terrena del Diavolo. Quest’ultimo sarebbe giunto nella cittadina di Breathed proprio per incontrare il genitore in questione perché dal medesimo invitato. Fielding è naturalmente scettico nei confronti di siffatta dichiarazione e per questo motivo all’inizio, almeno, non crede a quanto dichiarato dal nostro demone in terra. Ad ogni modo lo invita a seguirlo stante il fatto che essendo domenica l’attesa innanzi alla struttura si sarebbe perpetrata sino al prossimo lunedì con conseguente apertura degli uffici.
Lo scetticismo colpisce anche la famiglia stessa che, conosciuto il ragazzo, lo accoglie all’interno della sua abitazione senza porsi troppi problemi e senza dar molto credito alle affermazioni. Tuttavia, man mano che il tempo passa, una serie di fattori, incrementati da un caldo torrido che annebbia la mente, dal colore della pelle e da un fenomeno di convinzione psicologica diffusa nella popolazione e atta a dar convinzione che questo effettivamente possa rivestire le spoglie terrene della figura satanica con quel colore così mal visto e con quegli occhi così insolitamente verdi, portano a far prevalere la suggestione e di conseguenza portano all’affermazione di un odio diffuso e ingiustificato che si ripercuote non soltanto sul giovane quanto anche sulla famiglia stessa rea di averlo preso sotto la propria ala e rea di nascondere dietro una parvenza di normalità una serie di mostri e di segreti non accettati dal volere comune.
Le vicende scorrono, prendono campo e il condizionamento portato avanti da una figura che sin dal principio suscita nel lettore una sensazione di sfiducia, permea l’evoluzione del componimento sino a quelle che saranno le più nefaste delle conseguenze.
Ma cosa si cela davvero dietro la facciata? Chi è Sal? Come può la sua presenza aver così condizionato le menti di una intera cittadina? Quanto il fenomeno del controllo è davvero presente tra noi anche in forme assolutamente impensabili e imprevedibili?
“Sperare significa cedere alla seduzione della leggenda secondo cui ci viene data una seconda possibilità nella vita.”
Seppur le basi di partenza de “L’estate che sciolse ogni cosa” siano interessanti e tali da suscitare interesse nel lettore, suddetta iniziale curiosità tende sempre più a scemare man mano che chi legge entra all’interno dell’opera stessa. In primo luogo per quel senso costante di déjà-vu che porta naturalmente ad associare il titolo ad opere precedenti ben più famose quali: “Il Maestro e Margherita”, “Il buio oltre la siepe”, “Il miglio verde” (per alcuni aspetti di misticismo), “Uomo invisibile” e “Lo schiavista” di Paul Beatty. Non manca chi ha ravvisato all’interno del componimento una similitudine con il celebre “1984” di George Orwell stante il fenomeno del condizionamento, cosa che effettivamente può essere ma che ridimensionerei perché il classico di cui si tratta ha anche ben altre caratteristiche che vanno oltre il titolo della McDaniel.
A ciò si sommi una lentezza narrativa esasperante. Arrivati a pagina 200 il libro diventa una espiazione in piena regola per il conoscitore. Che fosse cosa voluta? Non so, ma onestamente la sensazione è quella di star in prima persona chiedendo perdono per un peccato presente, passato e futuro commesso. La seconda metà e anche la conclusione, che nel complesso dovrebbero essere più rapide e risolvere l’enigma con quelli che in molti hanno definito essere un vero e proprio smacco nella narrazione, di fatto tutto sono tranne che rivelazioni. Il lettore già a pagina 140 intuisce chi è il “cattivo” di turno e procede nella lettura soltanto per capire dove la scrittrice voglia andare a parare. Lo stesso epilogo è eccessivo e forzato quasi come se la stessa non sapesse più come venire a capo di quanto costruito.
Non solo. Altre scene sono assolutamente inverosimili ma non tanto per la questione “diavolo” quanto per la questione logicità e corrispondenza del reale del quanto proposto. A mero titolo esemplificativo, il nostro Sal a causa di uno spavento non riesce a reggere le proprie minzioni fisiologiche e bagna la propria salopette di urina. Arriva a casa del nuovo amico, viene accolto da una super casalinga che lo fa sedere alla sua tavola, gli serve il polpettone che gli cade anche sulla gamba sporca (già prima della pipì ma ancora sporca di questa) per poi essere raccolto e la stessa fetta riposta nel piatto del giovane e solo dopo cena qualcuno si ricorda che forse è il caso che questo si cambi e la salopette finisce in lavatrice. Questa sequenza si protrae da pagina 31 a pagina 76 quindi il ragazzo resterebbe sporco per ben 46 pagine e cenerebbe puzzolente di urina. Credibile? Molto poco in condizioni ordinarie, figurarsi se si considera il ruolo della moglie del legale. E questo è un mero esempio.
Il testo è interamente disseminato da qualunquismi e molti luoghi comuni. Comprendo le ragioni che possono aver portato l’autrice a farlo ma sinceramente mi sono risultati eccessivi e forzati tanto che l’effetto è stato quello di far perdere di forza empatica ed emotiva allo scritto.
La lettura si è, a fronte di questi e molti altri elementi, trasformata in una ESPIAZIONE, un fardello che giunto alla sua conclusione ben poco lascia. La storia viene inoltre narrata dal protagonista adulto che torna indietro nel tempo e poi nuovamente al presente. Questa è un’altra circostanza che alla lunga sfianca. A ciò si sommi, ancora, che l’uomo non cresce, non affronta mai il suo passato, rimugina per tutta la vita su quel che è successo in quella estate senza mai reagire. Non vi è dunque una crescita del personaggio quanto, al contrario, una figura statica che non entra in simpatia dell’avventuriero che si addentra nel componimento e che porta ad allontanarlo da quello che avrebbe potuto essere il messaggio. E questi sono soltanto alcuni aspetti ma ci sarebbe molto altro da dire sulla struttura e il contenuto di questo libro.
In conclusione, un perfetto collage tra opere, un titolo costruito ad hoc la cui morale sfugge dalle intenzioni ed estremamente sopravvalutato.
“Nessuno ti prepara all’odio. A diventare bersaglio dell’ira e di un fuoco di insulti. A dover sopravvivere al marchio della colpevolezza, malgrado la propria innocenza.”
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